giovedì 29 dicembre 2011

zero.

Fine, sta finendo. Siamo agli sgoccioli, ultimi schizzi di questo mio anno zero che sta per evaporare.
E' stato un anno che mi ha segnato, in un modo o nell'altro, era inevitabile che fosse così, lo aspettavo e mi aspettavo che mi avrebbe portato riflessioni, pensieri, emozioni, reazioni più o meno sopite.

Mi ha portato a ricominciare a scrivere un blog, a condividere cose mie con perfetti estranei e inseparabili compagni di vita.
Ha risvegliato il senso del dovere verso il diritto della dignità del mio essere donna, mi ha messo di fronte a ciò che questa Italia malata ci butta addosso ogni giorno, in ogni posto di lavoro e non.

Aspettavo i miei 30, e intanto la mia Italia lacerata ne ha fatti 150.

Questo anno mi ha portato il primo viaggio con Lore, in un incontro panellenico che mi ha riempito di risvegli con sorrisi inarrivabili e buonumore a ciclo continuo.
Mi ha portato il primo compleanno di Lore, un'emozione impossibile da dimenticare, una serata perfetta da ricordare. In un certo senso, era anche il suo anno zero.

Ho ritrovato la bellezza nel riscoprire una fede politica smarrita da un pò di anni, colore arancio in piazza Duomo e un arcobaleno a trapanarlo, che sapeva di nuovo, di aria fresca, di vento che fa il suo giro. L'ultima volta che mi sono sentita così era il 2006, e Bertinotti diceva "Dedico questa vittoria a tutti gli operai", ero in vacanza con Annagi e la Cips, mi arriva un messaggio da A. con la citazione, e lei  aggiungeva: "e noi lo amiamo". Esistono messaggi che ricordi a memoria, ti restano addosso nonostante gli anni che passano.
Mi sono sentita vicina a questa vittoria, a chi se l'è goduta, a chi ne beneficerà per i prossimi anni, ha risvegliato un senso politico che pensavo di non poter provare più.
Sono stati giorni esaltati, non ci si credeva, ma è stato tutto vero. Già adesso quella magia si è dissolta, forse avevamo troppe aspettative, o forse troppa fiducia.

Ho comprato una WII che giace inerme dentro una cassapanca di vimini da mesi ormai. A., avevi ragione anche questa volta.

A giugno è arrivata la svolta. L'evento che costituisce un pò della sostanza del mio anno zero, in termini di impegno mentale, fisico, sociale, personale. Divento una volontaria di Emergency, entro in un mondo nuovo, che conosco per le sue grandi linee di pensiero e di attività; mi aspettavo di trovarci dentro tanto, ma non così tanto. Oggi, a distanza di 6 mesi, mi sembra un percorso che mi aspettava, mi sembra di esserci sempre stata, tutto è stato naturale, e io credo sia stato per l'etica, la struttura, le basi solide umanitarie e civili che questa associazione trasuda attraverso le sue attività, le sue iniziative, le sue parole.
Emergency è un sogno bellissimo che non si tocca, ma che si respira forte e che ti apre un mondo che tutti dovrebbero voler vedere.

Poi è arrivato, il giorno zero, il giorno dei miei 30, ne avevo una paura folle, ancora oggi mi fa strano pensare a quando mi chiedono, quanti anni hai-TRENTA. Difficile. Difficile quando non sai dove sbattere la testa, difficile quando inizi a fare il bilancio di quello che hai combinato, poi scopri che tutti lo hanno fatto quel bilancio, e a tutti mancava comunque qualcosa.
Allora non è il bilancio, non sono io, forse è la condizione umana di esseri insoddisfatti perché pieni di troppe cose.
Siamo pionieri dell'accontentamento. Pellegrini della ricerca della felicità. Cercatori d'oro nella miniera della perfezione. Rinunciare - alla perfezione, bisogna crederci davvero.
Salvarsi l'anima, con l'aiuto di una persona sola.

E' stato l'anno del 10mo anniversario della morte di Carlo Giuliani, in una Genova che non dimentica, in un'Italia che non dovrebbe dimenticare questa vergogna in cui la parola fine non trova posto.

Un'estate fatta di banchetti, pomeriggi in piscina, vacanze al mare con Lore, sagre rustiche di paese, gite a Gardaland, lezioni di addestramento canine, week-end a Firenze con Emergency per poi approdare ad un autunno strano, fatto di cambiamenti che assomigliano al cambio colore delle foglie sugli alberi.

Berlusconi si dimette, guardo servizi in tv dove la gente esulta come alla vittoria dei mondiali, 5 anni fa.
Legittimo godimento, copio uno degli slogan di quei giorni. Allora è vero che il vento fa il suo giro.
Passa tutto, tutto passa.

Cambiamenti interiori, impercettibili, sensazioni mescolate in un amalgama magnetico che ti trasporta con equilibrio. Ecco, il mio anno zero si chiude così, livellato, senza aspettative, senza paura, è la prima volta che mi succede, e questo pensiero a volte mi blocca, sono ancora io? A volte invece mi fa respirare, si sono proprio io. "Forse mi trovo".
Capisco che ne sono capace, che non l'ho mai fatto, e ora, alla fine del mio anno zero, lo faccio,e mi piace anche.
Contro ogni previsione. Contro ogni idea. Contro le debolezze di cui non sono mai riuscita a disfarmi, mi libero da ciò che vorrei dalle cose. Le accetto per come vengono.

Ho letto il mio oroscopo per il 2012, così, per essere preparata.
E diceva.
"vi tufferete nelle profondità dell'anima perché nessuna forma di abisso vi spaventa".
Anno zero può terminare.





lunedì 12 dicembre 2011

Sant' Annagi

Stanotte è la notte. Anche se non aspetto niente, oggi rimane comunque il 12 Dicembre, la notte di Santa Lucia.
Nella mia patria si usa al posto di Babbo Natale, perché noi comunque ci dobbiamo distinguere. A Natale ci si fanno i regali tra di noi, niente di magico, solo scambi materiali di regali e cibo.
La vera notte dell'attesa è questa che sta per arrivare, il momento perfetto è la mattina di domani.

Allora, si faceva così. Preparazione letterina verso metà novembre, dopo aver vagliato i milioni di oggetti del desiderio che passavano in tele.
La grafica della mia letterina era standard, sempre uguale, rifletteva ciò che poi il 12 mettevo in atto. Foglio protocollo a quadretti di quadernino, tagliavo le finestrelle sul primo foglio in modo che si vedesse un disegno sgangherato di Lei con asino, latte e fieno dietro.
Lei era sempre vestita da fata turchina, sempre bionda e senza occhi, perché era cieca.
A questa facevano capo le minacce di mia mamma, se non studi: niente santa lucia, se non porti i vetri al bidone: niente santa lucia. 12 Dicembre, a novembre era solo un traguardo da sudare.

Finché poi arrivava. A Selvino, come negli altri paesi bergamaschi, alle 8 di sera ci si trovava in piazza del comune, perchè passava Lei seduta sull'asino: anni dopo ho scoperto che ogni 12 dicembre qualche biondina dell'oratorio veniva sacrificata per una sera a passeggiare a -3°, sopra un asino, forse del colombo, lanciando caramelle cri-cri e cremini. Ma chi era lo sceneggiatore? Ti ringrazio, chiunque tu sia.

Un salto veloce da mia nonna a recuperare il fieno da posizionare sul davanzale esterno della finestra insieme a un bicchiere di latte freddo, da far scaldare a mia mamma quando Lei sarebbe arrivata. Eh si eh, mia mamma la incontrava. Letterina sul tavolino della sala e a letto, piccole parole sommesse di speranza condivise con la Rotter, quando ancora non era una Rotter.

Ore 7 del 13, cuore in gola, scendere dal letto e trovare la strada di caramelle di zucchero fondenti, le croste negli occhi e la voce che sale, destinazione finale: sala. Ci aspettano lì tutte le cose che avevamo chiesto, e anche di più, chi un paio di calzini con gommini, chi un paio di guanti (roba da mamme, avrebbe dovuto dirci qualcosa...), caramelle sparse ovunque, soldi di cioccolato e marshmallows giganti. Mia mamma che ci raggiunge, allora non capiamo il suo sorriso soddisfatto. Ora si, e quanto ci sembra diverso adesso. Ancora più pieno e ricco, se mai fosse possibile. Ci racconta di quando Lei è arrivata, cosa le ha detto, i regali per altri bambini del mondo che le ha lasciato in cambio. Che l'asino barbellava di freddo. Fantasiosa Annagi.

Poi scatta il raid a casa di mia nonna, senza neanche fare colazione, che per me è tutto dire.
Fiondarsi in pigiama-piumino-e-sciarpone a Cà di Tunù, su un lettone c'è una distesa di regali per ognuno di noi 15 nipoti (oggi siamo il doppio) e 9 figli (roba da mamme #2) e un irrinunciabile sacchetto con, nell'ordine: mandarini, arance e arachidi da sgusciare. Santa Lucia aveva un rito diverso in ogni casa, e noi non ce ne siamo mai chiesti il perché.

Poi si va a scuola, Lei è passata anche lì, ci sono caramelle parcheggiate su ogni banco. Non ci chiediamo neanche perché siano le stesse che ci lanciava Lei la sera prima per il paese.
La giornata scolastica si consuma nell'unico cinema del Paese, che apre oggi e il giorno di Natale, e di per sé quindi è un evento, una specie di festa cittadina, guardiamo un film buonista per bambini, ma non vediamo l'ora di tornare a casa a montare i contenuti delle scatole di Lego, provare giochi in scatola, vestire una nuova Barbie, goderci quell'attesa che ci ha consumati per cosi tanto tempo.

Ricordo con nostalgia questi momenti, ho dei flash precisi di determinati istanti che non vivrò più, istantanee di una vita che mi hanno riempito per così tanti anni, nonostante fossero create ad hoc.
Il giorno che ho scoperto che Lei era mia mamma, mi sono comportata da bambina, mi sono arrabbiata, pensavo mi avesse tolto la magia. Oggi so che non è così. Me l'ha regalata per sempre quella magia, in modo completamente gratuito, senza riserve, senza mai chiederne indietro un briciolo, sempre con quel sorriso del 13 mattina, ore 7, che mi porto ancora addosso, che ha il suo odore che annuso ancora oggi, quando la riabbraccio dopo 3 settimane che non la vedo, oggi che tutto è cambiato nella nostra vita, oggi che le letterine ce le scriviamo per tenerci in piedi, perché questo sappiamo e dobbiamo fare.
Perché sento di dovertelo Annagi, fosse solo per tutta la polvere di stelle che mi hai versato addosso da quando sono piccola.

Esistono magie che ti rimangono assorbite nella pelle, e Santa Lucia è una di queste.

Amo l'attesa, amo le emozioni che ti scaldano e ti riempiono, amo i ricordi che sono parte di ciò che sono oggi, amo una tradizione che rende felici, amo chi ha permesso tutto questo, per così tanti anni e per tutta la mia vita.


venerdì 25 novembre 2011

Celebrations

settimana faticosa quella appena passata.
oggi, che è venerdì, smaltiti i postumi, posso fare un bilancio dei miei 3 giorni a Barcelona finiti martedì scorso.
Vado a festeggiare i 30 anni della mia amica L. Non importa se li ha compiuti il 14 e li festeggia come un  matrimonio gipsy che dura settimane.
Ma ne compie 30, e allora vale tutto.

Comunque, arrivo sabato sera a Barcelona alle 6, mi dirigo verso il folkloristico quartiere del Raval, dove abita lei, la trovo pronta sul divano con la birra in mano. Capisco che è già finita, per me.
Le chiedo di aprire i miei regali, ma è presa dall'organizzazione dell'aperitivo che qui da noi verrebbe identificato con un amaro post-caffè, data l'ora. Sono le 21.30.

Comunque usciamo e arriviamo al Blai Tonight, un bel posto dove ci aspettano suoni e sillabe in un catalano per me incomprensibile; mando un ringraziamento speciale agli amici italiani della L, per le traduzioni in simultanea.
Siamo una quindicina di persone, vedo cloni di bottiglie di Estrella Damm sul tavolo, forse sono 50?
Le paga tutte lei, Gran Classe from Ranica.
In cambio riceve un maglione in stile tirolese, si susseguono apprezzamenti con urletti e sorrisoni. Il mio regalo invece è ancora a casa con Plato, il gatto di casa. Grugnisco perchè non me l ha fatto portare, sono l'unica senza regalo.
Mangiamo tapas a valanghe, crostini con cipolle caramellate, formaggio e marmellate, crocchette fritte, in una carrellata di cibo e bevande totalmente antisalutiste.

Da lì ci spostiamo in un bar vicino che serve "cerveja a 1€, copa a 3€", la L e i suoi ospiti locali me l'avranno ripetuto qualcosa come 163 volte a testa. Dev'essere lo slogan ufficiale del bar, penso.

Dopo il bar si va al Moog, posto cult per la mia amica L. appassionata di musica elettronica e tutto ciò che gli fa da contorno, le luci, la gente, la movida spagnola, la chiamano così.
Dopo qualche ora in questo locale che puzza di gradi alcoolici altissimi e di luci fluo, decido che è ora per me di tornare a casa, le gambe non mi reggono più, ho gli occhi serrati dal sonno, mi chiedo come sia possibile sostenere questi ritmi, ma ce la fanno? Mi sento irrimediabilmente vecchia, fuori posto, fuori contesto.

Sparisco nel letto insieme a Plato che mi fa le fusa, quando riappaio alla vita il sole è già alto, il tempo di un caffè italianissimo fatto in casa e da lì si riparte, altro giro altra corsa, si va a repeat delle 24 ore precedenti. Forse morirò.

Finalmente arriva il lunedì, sopravvivo, mi dico che è quasi finita, e finalmente è arrivato anche il momento per L. di aprire i miei regali: la vedo sciogliersi nelle lacrime che non mi ha mai dedicato, un sorrisone tenero senza la sua tipica malizia mi avvolge, per poi strattonarmi con i suoi classici baci e abbracci da camionista.

Sull'aereo che mi riportava alla mia vita, quella che ho scelto e voluto, ho pensato molto a questi 3 giorni di vita non mia che ogni tanto mi capita di vivere tramite la L, mi sono chiesta quanto potrei durare in un posto del genere, che non ha abitudini, che non ti annoia, che ti riempie fino a traboccare e che però è capace di farti sentire estraneo come non mai, se non ci entri fino in fondo.
Ecco, Barcelona mi fa sentire un'ospite sì di passaggio, ti dà mille possibilità e tu scegli quale cogliere, quello è il suo modo di essere libera.
E forse è per questo che piace così tanto alla  L., grande estimatrice della teoria e pratica della libertà di essere del soggetto umano. Ognuno ha la sua, mi dico, ma la mia non è qui.

E nonostante questo, le nostre libertà si incastrano da 15 anni, come due forze contrarie e opposte di una calamita che non allenta mai la presa sul ferro. Con questa metafora smielata chiudo questo post dedicato a te mia Nana, e buon compleanno nel tuo undicesimo giorno di celebrazione trentennale.




martedì 15 novembre 2011

Baby-Sitting Emozionale

Questa settimana sono in modalità baby-sitter a mio nipote Pablo, ha appena compiuto 6 anni ed è moro, i capelli lunghi sulle orecchie che quando piove diventano frisé, occhi a forma di oliva color nocciola.
Mentre lo portavo in giro, proprio pochi minuti fa, e precisamente in un prato a giocare con la sua migliore amica, la pallina da tennis, pensavo proprio a questo: non so cosa darei per entrare nella sua testa e sapere cosa pensa.
Perchè Pablo non parla: è un cane. I cani sanno far capire le cose di cui hanno bisogno, di cui hanno o non hanno voglia, ma hanno pensieri impenetrabili, sguardi che nascondono chissà quali percorsi mentali di cui noi resteremo sempre all'oscuro, volenti o nolenti.

Mi sveglia al mattino con carezze di lingua ruvida e calda sulle guance, in uno dei rari momenti di tenerezza che mi riserva durante il giorno, e allora lì capisco che vuole grattatine sparse, e ribaltarsi sul letto grugnendo: eccolo il suo buongiorno, per me.
Quando aspetta la ciotola si piazza lì davanti, seduto sdraiato come se fosse a digiuno da giorni, con aria affranta, per poi dirigersi indolente verso l'oggetto del desiderio come per dire, "ah beh ok , ce l'hai fatta".
Fuori dagli orari del prato con pallina, a volte mi porge con delicatezza una ranetta di gomma ricoperta di saliva, e lì non ci sono storie: cerco di fare finta di non capire, ma conosce la mia debolezza, ha la stessa impertinenza di suo fratello Lore, comincia ad abbaiare finché non gliela tiro, nei miei 30mq di casa che mi ritrovo. Per avere più lunghezza di tiro, lascio anche aperta la porta del bagno, e i metri diventano magicamente 45. Cosa non si fa per fare contento un nipote.
Si fa capire quando vuole andare a letto: sempre a causa della ridotta disponibilità metroquadrica della mia casa, ho un divano letto che si apre, per dormire. Il piccolo lord, dorme sul letto, e dopo un pò la sera si stufa di stare sul divano, e inizia a sbuffare. Si piazza, seduto sulle zampe posteriori, per terra di fronte a me, e inizia a fissarmi. Giuro che non lo sto inventando, succede.
Vuole che io apra il divano e, una volta aperto, fa anche il timido: aspetta il mio ok per salire.
Presa per il culo in modo assoluto e totale.

E nonostante tutte queste esternazioni di necessità e virtù, io non so cosa pensa. Non so cosa pensa quando incontra un altro cane e cosa gli fa decidere se abbaiare o meno; non so cosa pensa quando gli parlo, non so cosa pensa quando mi guarda digitare al pc, parlare al telefono, cucinare, ridere davanti alla tele. Non so cosa pensa quando guarda fuori dalla finestra e osserva il più minimo movimento, sia di macchine, persone, foglie, forse anche i rami.

Alla fine mi rispondo che non importa, che è anche giusto che lui abbia i suoi pensieri nascosti, del resto quante cose tengo nascoste anche io a lui?
Non gli dico mai quanto la sua presenza sia forte, sentita, cercata, in occasioni come quella che ho avuto questa settimana.
Non gli dico che averlo con me ogni tanto ripaga quella sana voglia di avere un cane tutto mio ma che non mi posso permettere, in termini di tempo e di qualità-di-tempo soprattutto.
Non gli dico che al mattino presto e la sera tardi con i gradi che si avvicinano allo zero faccio leva sul senso di colpa per spingermi ad uscire, penso che sono una stronza, perchè io non dipendo da nessuno per dover andare in bagno. Allora penso a quando sarò vecchia e forse dipenderò anche io da qualcuno, e allora lì esco, guinzaglio in mano, carica di intenzione post-senso-di-colpa.
Non gli dico che il Bigni non sa di questa settimana dedicata ad un altro cane, potrebbero essere gelosi l'uno dell'altro. Chissà cosa penserebbe il Bigni di tutto questo. Cose di un altro post.

Non so se si capisce. Amo i cani, amo quello che sanno dire senza parlare, amo quando Pablo inclina la testa in diagonale quando gli faccio una domanda, come per dire: "eh?!", amo il loro modo di dare senza chiedere, non ci sono orari per loro, possono fare tutte queste cose a qualsiasi ora del giorno e della notte, vogliono solo condividere il tempo. Stare con te. Fare delle cose insieme. Ogni tanto mangiare. Giocare. Vivere con te.
Amo il loro modo di amare, così vicino a quello che cerco io nelle persone, così lontano da ciò che sono destinata a trovare. Semplicemente perchè da noi non esiste, quell'amore lì; noi siamo deviati dai condizionamenti esterni, dai sentimenti meno buoni, dal fatto che abbiamo sviluppato le nostre vite su qualcosa di effimero, che comunque finirà, o cambierà inesorabilmente.
Quell'amore lì sono capaci di provarlo e dimostrartelo solo loro, e non finisce. Perchè conservano anime superiori, rimaste intatte e intoccate dalle miserie che hanno invaso le nostre vite di umani. Tutti, ognuno a suo modo. Non sono alterati.
Perchè sono gli unici esseri in grado di conoscere e trasformare in cose reali, vere, sguardi adoranti e code sventaglianti, il pieno significato delle parole: senza condizione.

A Pablo, non gli ho detto che l'altra mattina, quando mi sono svegliata per prima e l'ho trovato sotto le coperte e con la testa sul cuscino alla mia destra come un bambino, girato di spalle, l'ho amato tantissimo.

lunedì 31 ottobre 2011

Debolezze

Far cadere una lente nel lavandino. La destra. Quella che, nonostante la posizione, mi dà soddisfazione perchè è la più debole, tra le due diottrie dei miei occhi.
Scoprire che era l'ultima del pacchetto.
Ricordarmi che giusto il giorno prima mi ero detta di andare a comprare le lenti perchè sono finite, non si sa mai. Potrebbe rompersene una mentre la metti via. Potrebbe uscirne una dagli occhi durante la doccia.
Potrebbe caderne una nel lavandino, all'1 di notte, dopo una giornata no. Potrebbe.
Maledirsi.
Immaginare il futuro di tra 6 ore senza lente destra, che va bene che è la più debole, ma è comunque un bel -3 di diottria.
Tento di recuperare la lente tra i buchi dello scarico, devo fare la mia scelta: opero con cotton-fioc o parte stondata di una forcina? scelgo il cotton fiocc perchè la forcina la potrebbe scheggiare. Risposta sbagliata. In circa un nanosecondo la punta gigante del cottonfiocc spinge inesorabilmente la lente nel buco nero del lavandino.
Inizio, nervosissima, il vaglio delle ipotesi su come affrontare il day-after:
a) andare senza la lente dx fino all'ottico, comprarla e metterla lì dall'ottico. mi dico che è un'opzione scartabile, quanto meno per non farmi prendere per una psicopatica;
b) mettere la lente sx che ho in più (erano rimaste spaiate già da un pò da quando avevo già riperso una lente destra, come si può immaginare, io e le cose di destra non siamo molto affini) anche se ha una diottria in più dell'altra, mi dico che al massimo può girarmi un pò la testa, che sarà mai, del resto si tratta di questione di minuti, arrivare dall'ottico e comprare la -3 e trovare il primo bagno per metterla.
c) uscire con gli occhiali. l'ultima spiaggia, la possibilità a cui non avevi pensato, l'alternativa che non hai mai concepito.

nel vagliare le tre ipotesi mi rendo conto di avere un problema, cioè, ce l'ho, inutile fingere.
ho un problema con gli occhiali.
vado avanti a rimuginare sulle ipotesi operative anche mentre strofino i denti, mentre mi trascino nel letto e nel vortice di pensieri pre-sonno. e non riesco a decidere.
prendo veramente in considerazione l'opzione c) nei momenti di lucidità, quando penso all'impersonale, quando mi vedo con gli occhi di una persona esterna, penso a quanto si incazzerebbe A. se sapesse di tutto questo vaglio di ipotesi. Ora lo sai, A.

Eccola, ve la presento, è la mia debolezza fisica -e mentale?- più grande, che ha radici lontane piantate nell'età dell'adolescenza in cui ero, e mi sentivo, una racchia di merda!
Tutte le mie amiche e compagne di scuola non li avevano, ci vedevano bene ad ogni battito di ciglia, io avevo sempre bisogno di qualcosa che mi aiutasse e nello stesso tempo mi spingesse nel limbo delle sfigate delle medie-con-gli-occhiali. Che poi a quei tempi mica c'erano i modelli di oggi comunque, non c'erano le montature e le forme da nerd in versione figa di oggi, stiamo veramente parlando di roba inguardabile, modelli alla john lennon tutti metallizzati e grigi che avrebbero fatto sentire un cesso anche Naomi Campbell.

Non mi ha mai abbandonato, la mia debolezza. Da quando avevo 16 anni e mia madre venne mossa da pietà, porto le lenti a contatto, con un breve intervallo di 4 mesi, circa 8 anni fa, perchè avevo avuto una congiuntivite per l'abuso orario delle lenti. Periodo buio, giuro. e non solo perchè non ci vedevo. Non vedevo neanche me stessa.

Ogni volta che la sera me le tolgo, se ne va un pezzo della mia autostima, torno lì, torno indietro di 15 anni nel giro di un minuto, pulisci le lenti dell'occhiale, inforcalo, ti metti sul divano e le bacchette sono li tra la tua pelle e il cuscino, a ricordarti, dentro al solco che ti lascia la bacchetta, che tu hai bisogno di un cazzo di paio di occhiali per vedere da qui alla tele.

Ho un problema con gli occhiali, vorrei svegliarmi al mattino e non stringere gli occhi per decodificare cosa mi circonda, sarebbe un sogno sentirsi già parte del mondo attorno senza aiuti esterni, non richiesti, non voluti, ma che mi servono.
Ecco, di questa debolezza mi infastidisce il fatto che, comunque, sia una cosa che prescinde da me, dai miei gusti, dalla mia volontà, è una cosa che non posso controllare e per questo impossibile da accettare. E' una cosa che mi costringe a fare cose che non farei, ad avere pensieri che non avrei in condizioni normali, che mi obbliga in un certo senso alla finzione.

Odio la mia debolezza perchè ne sono schiava. Eppure non posso liberarmene mai.
Le debolezze sono i buchi neri dove buttiamo quello che a volte non sappiamo dire neanche a noi stessi. Le guardiamo, le osserviamo, ce ne distanziamo, in una forma di miopia volontaria, ma le nostre debolezze tornano, non ci lasciano, riaffiorano in superficie appena ce ne dimentichiamo.
Per ricordarci che non siamo perfetti, che c'è qualcosa che sfugge comunque al nostro controllo su noi stessi, su ciò che vorremmo e che non è, per ricordarci che loro, le nostre fottutissime debolezze, vanno affrontate, e sfidate, e combattute.
Per questo ho deciso che la prossima volta che mi succederà una tragedia di questo tipo, inforcherò gli occhiali.
(e una calza in testa.)
Per combatterti, debolezza.




 

venerdì 21 ottobre 2011

Liberi e Uguali

Liberi e Uguali.
Questo è il tema della tessera di Emergency del 2012. Di queste parole si riempie l'articolo 1 della Dicharazione Universale dei Diritti Umani.
Recita così:

"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti." Riconoscere questo principio "costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo".

Provo un sentimento amaro nel pronunciare, pensare, queste parole insieme, perchè l'epoca che viviamo mi porta a a pensare che non ci sia niente di più lontano da noi, di tutto questo.
Siamo assediati da (fanta)politiche inconcludenti, da guerre camuffate da nickname assurdi e consolatori, parole oppiacee studiate per chi sposta l'ago del suo interesse alle futilità che vengono sapientemente diffuse nella nostra vita commerciale di piccoli omini playmobil del truman show all'italiana.
Guardiamo tg che durano 30 minuti, 20 dei quali dedicati ai processi penali di quello che dovrebbe essere il nostro presidente del consiglio (tutto in minuscolo, si lo voglio).
Liberi e Uguali. Spesso pensando a queste parole messe insieme, alla dichiarazione universale dei diritti umani, si aprono nella nostra testa ventagli di fotografie che ci portano in paesi lontani, diversi dal nostro, Vediamo le donne coperte dal burqa, o bambini denutriti, ingiustizie sociali evidenti agli occhi di chiunque le guardi. Ma non è solo questo. Non parte da lì.
E' DA qui che noi non siamo liberi, e non siamo uguali, è nella nostra bella Italia occidentale che non siamo liberi di scegliere chi ci deve governare, è qui che la libertà di stampa ci vede in posizioni di classifica imbarazzanti, è qui che non siamo uguali davanti alla legge, alla politica, alla vita che siamo costretti a fare in una comunità che non abbiamo scelto, ma che ci appartiene volenti o nolenti.
E' da qui che noi non siamo liberi e uguali, fino ad arrivare a quei posti lontani da noi.

Saremo liberi quando riusciremo ad uscire dalla prospettiva dell'uno, quando il più dialetticamente ribelle dei politici riuscirà davvero a tagliare il suo stipendio della metà, quando lo vedrò tagliare le spese militari e comprare degli asili, quando non lo vedrò sovvenzionare prigioni di tortura in Afghanistan.
Saremo liberi quando non vedrò più da un finestrino di un pulman di Milano la gente in coda alla porta di un istituto di carità per cercare un letto dove dormire per una notte, e tutte le altre chissà.
Saremo liberi quando tutti decideremo che la guerra ci fa schifo, che ci fa schifo appoggiare un partito (che si dice) di sinistra che la etichetta come Missione di Pace per lavarsi la coscienza e tenere il piedino ben saldo nei suoi privilegi da palazzo ministeriale.

Saremo liberi quando la parola Pace potremo pronunciarla, pensarla, immaginarla senza nessun altro nome di fianco.

Saremo uguali quando non dovremo più guardare le vite di bambini che non possono crescere, saremo uguali quando tutti avranno diritto all'istruzione, alla salute, alla vita vera. Quella che noi possiamo fare senza chiederci neanche perchè.
Saremo uguali quando non dovremo sentirci fortunati di pensare che nostro figlio non si troverà mai sopra una mina antiuomo mentre cammina per la strada correndo dietro a un pallone.

Combatto insieme a Emergency contro questo schifo, contro la negazione del diritto alla vita, inconquistabile perchè insito nella vita stessa, perchè pensare di poterne decidere a spese di qualcuno è un atto criminale.
Perchè Emergency costruisce ospedali per curare le vittime della guerra, della povertà, della disuguaglianza sociale, in Africa, in Asia, e anche in Italia.
Per promuovere la cultura della Pace, per cercare di dare un senso a ciò che ci circonda.
Perchè non ci bastiamo a noi stessi, non è vero. Perchè tutti noi abbiamo bisogno degli altri.

E' il nostro sogno, essere Liberi e Uguali. A costo di provarci tutta la vita.


lunedì 10 ottobre 2011

Castagne come vita

Ieri ho fatto una cosa bellissima: mi sono ricongiunta con la natura.
Ok, lo devo dire, non ero mai stata a raccogliere le castagne, nonostante le mie origini.
A dirla tutta, non sono mai stata a raccogliere niente in posti che siano prati, boschi, sterpaglie, etc.
Ad oggi mi era capitato di raccogliere pignettine con Lore a Castiglione della Pescaia, conchigliette a Porto San Paolo e sassi ai parchi giochi, sempre per la tendenza di mio nipote mastro-Lore a dover raccogliere cose e spostarle da un punto A a un punto B del suo piccolo grande mondo.
Niente mai che prevedesse una ricerca dettagliata e minuta, determinata da uno scopo, e causata da una sfida lanciatami sabato sera dalle componenti della mia famiglia, che non credevano potessi davvero farlo e per questo cercavano di tentarmi nel desistere dall'impresa inventandosi cose allucinanti -dal "non sai neanche come vestirti, dove andare", al "ci saranno in giro i cacciatori, quei boschi li sono di proprietà privata, se ti vedono te le sequestrano" - . Sequestro di castagne. Bah.

Quindi ieri, appena dopo pranzo andiamo, io e la Cips, dotate di tuta, scarpe tennis e sacchetto biodegradabile (...), e bastano 15 passi nel bosco per capire di avere sbagliato tutto: qui mi sento di dare qualche consiglio pratico ai neofiti del genere, niente pantaloni che possano essere trapassati da rami e spine, niente scarpe che facciano scivolare nel terriccio, e niente sacchetto bio se devi raccogliere i ricci mezzi aperti e spinosissimi (direte, sono ricci... va da sè).
Purtroppo nessuno mi aveva avvisato, neanche le mie parenti che facevano le donne di montagna navigate, quindi non mi sono sentita in difetto. Sbagliare per imparare. A dire la verità io pensavo di trovarle già tutte sgusciate le castagne, ma qui si entra in un territorio ancora più minato.

Procediamo. Facciamo un'oretta a camminare in salita, ispezionare radici di albero che non conosco, imparo che c'è una pianta che segna il nord, dice la Cips, ma non mi ricordo già più come si chiama, il mio spirito montanino si è esaurito nel giro di 18 ore. Momenti di pura estasi quando troviamo quelle sgusciate, di un bel marrone castagna appunto, lucide, belle cicciotte e lisce, ci smontiamo quando dalla posizione di cocorinha crediamo di averne trovata una del tipo come-te-nessuno-mai, e invece la giriamo e il buco sulla pancia ci riporta alla prossima radice di albero.
Capitolo ricci: abbandoniamo quelli chiusi e raccogliamo quelli mezzi aperti da cui si scorge il colore della castagna che contengono, e finiscono tutti nel sacchetto bio, pungendomi le gambe a ogni passo. In questo preciso istante realizzo di aver cannato completamente sulla scelta del contenitore.
Segno l'appunto in testa, perchè sapete, i post del blog ti girano in testa a sprazzi, sono come input che vanno conservati e poi messi insieme. Sono ricci che vanno messi nel sacchetto e poi aperti a casa, e solo lì decidi quali castagne terrai.
ricci come post, castagne come vita.
ne raccogli un pò, li porti a casa, li sgusci con un cacciavite piatto e scopri che dentro a volte ci sono tre castagne, non una sola. Le controlli, cerchi i buchi, a volte trovi i vermi. Li elimini inconsciamente tra i brividi e la pelle d'oca.
A volte indugi su qualche buco che non sembra profondo, la lasci lì un attimo, in attesa di giudizio.
Quando hai finito con le altre, torni sui mezzi buchi, no, sono proprio buchi, meglio non rischiare. E le butti via.
Castagne come le persone che incontri, ricerca attenta e scrupolosa di qualcosa di buono. Scoperta che il buono si nasconde oltre i buchi. e sono tanti. Quanto c'è nella natura che ritroviamo dentro le nostre vite, e spesso neanche ce lo immaginiamo.

Comunque ho deciso. L'anno prossimo ci andrò un pò prima, a raccogliere quelle già sgusciate. Sbagliare per imparare.

lunedì 3 ottobre 2011

Più o meno

questi sono giorni di addii, di ricordi dolci col retrogusto salato che rimane sul fondo, a ricordarti che la vita è sempre pronta a fartele pagare, le cose belle.
ricevo email di saluti da persone che conosco ormai da quasi dieci anni, per ognuna di loro ho un ricordo più o meno bello da spolverare, da riguardare, da riassaporare.
strano pensare a quando toccherà a me scriverne una. non so neanche se ne avrò voglia, poi quante persone dovrò salutare ormai? si conteranno sulle dita di una mano.

scrivo questo post con un filo spesso che sa di saudade, perchè so che questi tempi non sono fatti per tornare. perchè so che sono stati tempi memorabili, e per questo definiti. limitati.
Li ho vissuti, li abbiamo vissuti, mi piace parlare al plurale come se parlassi per tutti, e non rimpiango nulla, non è nella mia natura, sono cresciuta dentro un posto che ha fatto crescere anche le mie parole, la mia vita in generale. perchè alla fine il lavoro è veramente parte integrante, a volte pulsante, del percorso che decidiamo di seguire, più o meno consciamente.

più o meno. questo mi viene da dire se penso a questi -quasi- 10 anni, il bilancio ancora non mi è chiaro, ora. nella mia mente si aggirano ancora troppi dubbi, troppe memorie di ciò che è stato, e troppe incognite di ciò che sarà poi.
quando ho aperto la pagina, prima, cercando il titolo per queste parole, volevo scrivere un post che fosse una specie di memoriale, una lista di eventi vissuti e consumati, e invece poi mi sono bloccata qui. a tre paragrafi. al più o meno.
e allora l'ho usato come titolo.

sabato 24 settembre 2011

piccolo mondo antico

Quando vado al mio paese natale, provo sempre tantissime sensazioni contrastanti, testa e cuore si mischiano in una purea di sentimenti che presi uno a uno non collimerebbero mai.
Lì, nel purè, a selvino, ci stanno tutti insieme appassionatamente.
Provo a dividerli nel classico gioie e dolori, pregi e difetti, bianco e nero (che il nero, poi, è sempre così nero?).

Dolori, Difetti, Nero:
1. parlare con persone che conoscono meglio di te le tue vicissitudini familiari;
2. scoprire nuove vicissitudini familiari di cui non eri a conoscenza;
3. spiegare ogni volta che LA MALPENSA non è a Milano, quindi "allora tu sei ancora lì a Milano all'aeroporto" boooooooooop domanda respinta. celare il nervoso. spiegare che Malpensa è in provincia di Varese. pregasi aggiornare mappe degli spostamenti degli emigrati, thanks;
4. ascoltare gli aggiornamenti di status delle relazioni sentimentali del paese-barra necrologi-barra aperturachiusura nuovi negozi, e non riuscire a collegare i nomi alle facce, perchè ormai non conosco più nessuno;
5. incontrare i miei ex compagni di classe e sapere che si ritrovano a una cena di classe tutti gli anni. a mia insaputa;
6. farsi delle domande a proposito del punto 5, trovare la risposta sbagliata in mezzo a quelle giuste; sentirsi estranea a casa tua;
7. rispettare i ritmi alimentari di casa Annagi;
8. sorbirmi minuti interi di coreografie su canzoni pop di mia sorella dodicenne;
9. dover abbandonare il divano per lasciare giocare alla wii mia sorella dodicenne e le sue amichette. carine...
10. guardare un film con Annagi su mysky, lei si addormenta e quando si risveglia via di rewind dal punto in cui ha perso il resto; durata media del tutto 4 ore;
11. ciclisti in doppia fila sulla strada di nembro.
12. piangere lacrime in uno spazio che va dal balcone dal quale mi salutano con sorrisi e guaiti, fino esattamente al tornante dopo la discarica; se c'è la canzone giusta invece, si prosegue con lacrime fino al Pianì.

Gioie, Pregi, Bianco:
1. sorridere davanti a città alta, in autostrada; qualsiasi canzone stia passando alla radio, sembra sempre quella giusta;
2. esaltarsi sulla strada di nembro quando uno che va piano gira per Lonno;
3. sempre esaltarsi, sempre sulla strada di nembro, quando uno che va piano conosce la regola dell'accosto per farti passare;
4. sentirsi uno di lì, sulla strada di nembro, quando vai più piano di un altro e procedi con la regola dell'accosto; imprecare se non ti ringrazia con quattrofrecce e/o clacsonata.
5. farsi segnare la spesa sul quaderno, il nome di riferimento, qui in provincia di Bergamo, è sempre il tuo lavoro (la-Anna-della-Posta) o la contrada di provenienza (il-Lino-dei-Tunù);
6. farmi inondare di pianti dal Bigni, di riccioli dalla Cips. di sguardo tenero di mamma da Annagi. di sorriso complice della Rotter;
7. cucinare qualcosa che loro non mangiano mai;
8. andare a far la spesa e venire riconosciuta, anche da chi credevo non sapesse neanche della mia esistenza;
9. ripensare alla vita che avrei avuto se fossi rimasta qui;
10. mettere il punto precedente nella sezione gioie/pregi/bianco, perchè so che non sarebbe mai (ba)stato per me. quindi va bene ripensarci, perchè vuol dire che non è andata così;
11. punzecchiare mia nonna e vederla ridere, sentirmi chiedere ogni volta "ettroat ol murùs"; assolvere ai miei doveri di prima nipote finta praticante nel portarla agli eventi cerimoniosi del paese (cimitero, funerali, processioni) e/o spese irrinunciabili nei punti caldi del suo shopping: farmacia e banèla.
12. rivedere i miei amici di una vita (che non sono quelli del punto 5 del paragrafo precedente, ne avevo anche altri di amici), qualche ex, e sentire che niente è comunque cambiato, che abbiamo solo preso strade diverse.

Non so se ho scelto 12 punti per paragrafo perchè non volevo avvantaggiare una parte rispetto a un'altra, o darvi un'idea soggettiva di questo piccolo mondo antico che è anche mio, nonostante tutto e sopra-tutto.
Forse in fondo non so scegliere, perchè questo è il posto dove sono nata, cresciuta, dove sono stata delusa e innamorata per la prima volta, dove ho sviluppato il sentimento di ribellione che mi ha permesso di decidere di lasciarlo, questo posto che amo e odio insieme. e quindi non posso neanche rinnegarlo. Non voglio.
E' casa mia, è da dove vengo, e ne sono orgogliosa. Niente di ciò che ho adesso sarebbe, se non arrivassi da qui.

Quindi Selvino, per me tu sei un pò come il pesce, dopo 3 giorni puzzi.
Però te lo dico ridendo, con l'amore più tenero che ho sul fondo della parola "puzzi," perchè poi da te ci ritorno sempre, perchè sei un pezzo imprescindibile e irrinunciabile di me.

venerdì 16 settembre 2011

La tua essenza in un libro

tempo fa - Giugno, 2009 - avevo risposto a queste domande. molto carine. potete farlo anche voi, vi dò auth.
oggi, che è una giornata molto, molto difficile, lo ripropongo per pensare ad altro. e aggiungo qualche nota per spiegare. o per impiegare il tempo, vedetela come vi pare.

"Scegli dei libri che hai letto e rispondi alle domande utilizzando esclusivamente i titoli delle opere. "

1. Sei maschio o femmina?
Il piccolo principe (A. de Saint Exupèry)
ndr: se vi state chiedendo in che senso, nel senso che sono una donna, ma, causa origini bergamasche, non molto femminile.

2. Descriviti
Dannati e Leggeri ( P.Crepet)
ndr: dannata per la mia goffaggine, leggera perchè sono dotata di ironia.

3. Cosa provano le persone quando stanno con te?
Il gabbiano Jonathan Livingston (J. Bach)
ndr: qui me la tiro

4. Descrivi la tua relazione precedente
Ingannevole è il cuore più di ogni cosa (J.T.Leroy)
ndr: ancora più ingannevole è l'idea che ci ostiniamo a fare di qualcosa, di qualcuno, che poi non è.

5. Descrivi la tua relazione corrente
Castelli di Rabbia (A. Baricco)
ndr: bellissima metafora. cazzo, mi esalto a rileggere i libri che ho scelto per queste risposte.

6. Dove vorresti trovarti?
Oceano Mare (A. Baricco)
ndr: questa risposta non cambia mai. impossibile.

7. Come ti senti nei riguardi dell'amore?
Il contrario di uno (E. DeLuca)
ndr: come un bambino di fronte alle giostre. come un malato senza cura.

8. Com'è la tua vita?
Poesie d'amore e di vita (P.Neruda)
ndr: banale questo libro. oggi lo cambierei con  Shantaram (G.D.Roberts). perchè vorrei aver vissuto una vita che mi permettesse di scrivere un libro così. (oh, non proprio la stessa-stessa sua vita eh.)

9. Che cosa chiederesti se avessi a disposizione un solo desiderio?
Il giorno prima della felicità (E. DeLuca)
ndr: ma sono sempre così smielata?  palle...

10. Di' qualcosa di saggio...
E lasciamole cadere queste stelle (F.Timi)
ndr:  le stelle sono sempre sagge. e quando cadono fanno miracoli, a volte. Niente di più saggio di una stella che cade e ti fa sentire potente, e graziato. salvato.

11. Una musica
Rembò (D. Enia)
ndr: una playlist nascosta. bellissimo libro.

12. Chi o cosa temi?
La solitudine dei numeri primi (P.Giordano)
ndr: aggiungo, la solitudine in senso stretto e costretto.

13.Un rimpianto
L'altra sera (E.Palandri)
ndr: un classico per un cancro con pensieri retroattivi. non è colpa mia. è il mio segno zodiacale che è disegnato cosi.

14. Un consiglio per chi è più giovane
Jack Frusciante è uscito dal gruppo (E.Brizzi)
ndr: quanti ricordi di quando ero piccola ingenua e sognatrice (più di ora? dai basta.)

15 Da evitare accuratamente
tutti i libri di Banana Yoshimoto
ndr: non so come ho fatto a leggerne cosi tanti.

bene, è passata mezz'ora, tra poco si mangia. va bene così.

lunedì 12 settembre 2011

E

Noleggiare un pulmino, sentirsi in gita. comprare cibi dolci e salati, e bevande alcoliche e antiche.
sudare come a 40° nel deserto, invece siamo solo nell'ultima fila da 3 del fiatducatopanorama, non abbiamo diritto all'aria condizionata sulla tratta casorate-firenze-sosta pipì a piacenza. ma abbiamo le borse frigo della felicità sotto ai piedi.
il finestrino della seconda fila non si apre, il portellone non si chiude. impossibile come qualcuno riesca a dormire seduto con la schiena curvata in avanti sprezzante del pericolo che lo assedia.
arriviamo a firenze dopo circa 5ore dalla partenza, 2 delle quali passate a uscire da milano, ma no partiamo di sera chi vuoi che ci sia in giro.
dormiamo circa 4 ore, alle 8 siamo in piedi, facciamo colazione e ci spostiamo a firenze fiera, per l'inizio delle nostre giornate in dedicata a Emergency.
io sono al seminario sui banchetti, ascolto e prendo appunti, sono nuova del posto e voglio capire tutto, ci voglio entrare bene in questo mondo che è diventato mio da qualche mese a questa parte.
passo la giornata con milioni di persone che hanno il mio stesso sentire, con motivazioni e spinte differenti, ma siamo lì tutti perchè ci crediamo, crediamo in un medico che racconta la sua esperienza in Afghanistan, crediamo ai suoi occhi mentre ci guarda, ci sentiamo piccoli come formiche di fronte al suo grazie, e insieme grandi perchè sappiamo che la maglietta che vendiamo al banchetto diventa l'intervento che lui può portare avanti in paesi dove non è scontato avere il diritto di essere curati.
ci diciamo grazie a vicenda, senza dircelo, ci scambiamo applausi gonfi di gratitudine reciproca.

guardiamo coi suoi occhi gli orrori di queste guerre immonde, degli abusi e dei soprusi subiti da chi cerca semplicemente di fare una vita migliore di quella che lo costringe a morire di fame, in un paese che non gli dà la possibilità di vivere.
cercheremmo di farlo anche noi, se non avessimo avuto la fortuna di coltivare un destino cresciuto in una zona agiata del mondo.

Considero un onore puro sentirmi parte di un'associazione che fa cose grandi, che difende le persone da governi che dovrebbero tutelarle per primi. che cerca di ribaltare un destino maledetto, e convertirlo in vita.
Di questo mi sono riempita nell'ultimo fine settimana passato a Firenze con la grande famiglia di Emergency.
C'è una sorta di gratitudine non detta tra i volontari: voglio dire, quando ci si incontrava per strada, con i badge penzolanti e le magliette logate, ci si sorrideva, senza conoscersi, ci si salutava.
Come in montagna, ci si riconosce amanti della stessa cosa, ci sbattiamo in faccia noi stessi e la nostra voglia di esserci, di crederci, continuamente. Ci carica.

la sera, come in montagna, ci riscaldavamo di fronte al fuoco delle parole magiche -e come dice la mia amica A, "di pancia"- di Erri de Luca, del calore dei suoni di Paola Turci, delle risate scatenate da Cornacchione, della vitalità della Dandini, del soffio cantato di Elisa, dell' altura musicale di Elio e le storie tese, dell'intensità di Fiorella Mannoia, di tutto quello che gli artisti amici di Emergency hanno voluto condividere con noi.

sono stati giorni intensi, pieni, ricchi di contenuti, di vita, di colore, di risate, di voglia di credere, di voglia di fare per qualcuno, giorni che mi hanno riempito di una consapevolezza che ancora non avevo e non conoscevo fino in fondo.
Per questo voglio dire grazie a Emergency, al gruppo che mi ha accolto come se ci fossi da sempre, per avermi dato la possibilità di vivere tutto questo, di scoprire nuovi pensieri, idee, percorsi mentali rimasti indietro.

Considero un privilegio avere fatto parte di questi giorni che rimarranno per me elemento prezioso di una crescita continua, tatuati sui miei punti deboli e per questo praticamente marchiati a fuoco.
E a volte, a proposito di punti deboli, anche in forno.


martedì 6 settembre 2011

Happy (Summer) Ending

bene, sono tornata, back to chenometidò. riprendo in mano il mio piccolo spazio di web dopo un'estate fatta di spra(u)zzi di mare, anniversari di nascita (mio) importanti e distruttivi, nuove esperienze umane e umanitarie, e qualche spruzzo di mare anche ora, in stile happy ending di quest'estate che viene e va a seconda dei nuvoloni che solcano questo cielo di gallarate.
sono appena stata in vacanza con mio nipote Lore, che non è  mio nipote di sange ma di cuore, e quindi comunque nipote è, ho passato una delle settimane più intense, faticose, e gratificanti della mia vita.
vi faccio qualche esempio per darvi un'idea di cosa parlo.
sveglia ore 07.30 (orario sconosciuto anche nella mia dimensione lavorativa, e vi ho detto tutto), la mia giornata comincia con l' interrogare uno gnomo di un anno e 4 mesi sul suo bisogno o meno di rilasciare escrementi mattutini, corriamo estasiati verso il vasino (si, è avanti, la fa già nel vasino, sorry per tutti gli altri), come se fossimo davanti l'entrata di gardaland, ecco il tono e l'esaltazione è quello, per poi sentirmi prendere in giro dal suddetto gnomo che dice che si ne ha bisogno, e invece è solo una scusa per scendere dal passeggino per fare altro, lavorare con le costruzioni, spostare cuscini del divano da una parte all'altra della casa che ci ospitava, andare ad aprire l'acqua del bidè o buttare per terra qualsiasi cosa che stia ad un altezza superiore ai 50cm.
tutto questo avviene dalle 07.30 alle 09.30, orario in cui si esce, direzione spiaggia.
arriviamo alla spiaggia, e lì comincia  la maratona tra telo mare e bagnasciuga, prendi l'innaffiatoio vai al mare riempilo d'acqua riportalo indietro, versa il contenuto nel secchiello e riparte il giro, non si salta mai un turno, non si resta fermi sulla casella telo mare per più di 2 secondi. verso le 11 si avvicina l'atteso e odiato (potete capire da soli a chi appartengono questi sentimenti) momento-nanna, e li sappiamo che non durerà, sfoderiamo la modalità carpe diem e cerchiamo di fare in 1 ora quello che la gente intorno a noi fa in 3.
Li odiamo. sono abbronzati, rilassati, spalmati sul telo mare senza un granello di sabbia sopra, fanno il bagno senza esaltazioni e senza conte unooo-dueee-treeee più tuffo finale -il tutto rigorosamente in repeat-. Non riordinano giochi, non sciaquano costumi, non si preoccupano di creare ombra inesistente nel territorio gallurese.
e invece per noi sono solo le 11. il fuso orario del nostro cervello va a +10h, vorremmo essere già lì.
ore 12, si rientra a casa per pranzo, Lore in attesa di doccetta ne fa una diretta sulle mie gambe, poi si dedica ai lavori lasciati indietro dalla mattina (vedi sopra) in attesa della pappa. inventiamo giochi inesistenti per intrattenerlo mentre mangiamo noi, anzi già che ci sono vorrei spendere delle parole di gratitudine per il signor esselunga che ha inventato le carte disney in omaggio ogni 10€ di spesa, noi le utilizziamo per far passare il tempo e gli pinziamo sopra delle mollette da bucato, sempre perchè mastro Lore deve lavorare.
siccome è troppo presto per dormire (per lui) allestiamo la piscina in veranda, e lì parte la girandola dentro e fuori dalla piscinetta, Lore ci dà ordini di dove ci dobbiamo mettere, e che tipo di lavori dobbiamo fare per lui. siamo ridotte in schiavitù da un esemplare di maschio, e il fatto che abbia solo 1 anno e 4 mesi e una faccia da mangiare e due occhi che sembrano biglie color verdone rende tutto più difficile. impossibile resistere.
ore 16, dopo la merenda, arriva il secondo momento più atteso della giornata, il riposino pomeridiano, condito da interminabili camminate in circa 1 mq avanti e indietro nell'unica veranda all'ombra della casa; le piante dei piedi iniziano a diventare insensibili, il processo di decadimento comincia verso quest'ora, il fuso orario passa a +5h, manca poco, e la giornata può finire. forse. forse moriremo subito dopo. ma saremo acculturate, perchè noi conosciamo a memoria tutti i protagonisti di Up, di Cars, di Nemo, sappiamo come fanno tutti gli animali, conosciamo canzoni che farebbero invidia al più esperto critico musicale di musica alternativa. altro che post-rock, qui si torna indietro a tempi dimenticati e dimenticabili di quando Mariele Ventre dirigeva l'Antoniano.
finita la cena, giretto finale con annesso addormentamento. spingo il passeggino con la schiena piegata, , e vi assicuro che non è un modo figurato di esprimermi, sembra che spingo una carriola da 150kg. siamo devastate, non abbiamo le forze per fare nient'altro, non abbiamo avuto forze per comprarci niente, di andare a bere una birra in giro, di toglierci pantaloncini e canotta per metterci un vestito, ma cosa li abbiamo portati a fare? "meno male che non abbiamo portato i tacchi".

il giorno della partenza siamo sfinite, allo stremo delle forze e dei vari entusiasmi per esperienze di vasini, eccitazioni per la vista del mare, esulti nei tuffi, non ne possiamo più. poi, come se fosse un segno, ci accorgiamo di una cosa.
vediamo Lore davanti al vetro riflesso della finestra, si fa le linguacce da solo, ride, si è scoperto allo specchio, completamente ignaro della nostra attenzione su di lui.
Questa immagine mi ha riempito il corpo della forza che non avevo più, mi ha resa felice nel vederlo crescere, così avanti, così sempre più grande, e orgogliosa di averlo vissuto in questi giorni distruttivi ma cosi belli. con il taaaaooo sjjjjia del mattino, con i suoi TI'-TI' e i suoi NONONONONO, con i suoi ordini e i suoi sorrisi inarrivabili, la sua energia infinita e la sua dolcezza di piccolo bambino della mia grande amica.

Quante volte ce lo siamo dette amica mia, durante questa settimana, abbiamo fatto tante vacanze insieme, tutte così diverse da questa, siamo passate dai massaggi thai in spiaggia al divieto assoluto dell'utilizzo del telo mare, dal relax del morro alla frenesia sarda, da esperienze live con animali africani a quelle solo raccontate dai libri per bambini.
e ti dico, le ho amate allo stesso modo, e anzi ora di più, perchè vivere con mio nipote è l'esperienza più intensa, più fisica e insieme più mentale che abbia mai avuto.

Amo il tempo che passiamo insieme, amo questo tempo che mi è stato regalato da quando ti conosco, e voglio che non finisca mai. fosse anche con un fuso orario che si sposta impazzito ad ogni momento della giornata.
non esiste tempo e non esiste spazio, non per noi, che lo sappiamo vivere, e apprezzare, anche quando ci distrugge.

domenica 10 luglio 2011

TRENTA


azzardare un taglio di capelli da cartellone. farsi abbagliare da uno striscione fuori casa. ritirare dolci e bottiglie. trovare loro un alloggio in day-use nel frigo. sorprendersi degli auguri fatti da chi non ti aspetti. sorridere quando è qualcuno che aspettavi.
accendere le candele sul tavolo. inondare lo spazio di musica. vedere arrivare le persone che ami. sentirle ridere, vederle felici. essere felici, per qualche ora. piangere lacrime salate davanti a video che ti spaccano il cuore. aprire regali che ti fanno emozionare.
leggere - ascoltare - biglietti cantati che ti pompano le vene fino a scoppiare. sentirsi importante. scoprire che la mia anima è salva davvero.

questa è stata la giornata dei miei 30 anni, questo è quello che ho provato ieri, e che mi porterò dietro sempre, grazie a tutti questi verbi e a chi li ha fatti veri, rendendo bellissimo e indimenticabile questo giorno, per me.

mercoledì 29 giugno 2011

"troppo tempo"

quasi 2 mesi di silenzio ormai, anzi più di 2 mesi dal mio ultimo post. un pò è per pigrizia (l'avevo detto all'inizio), un pò perchè a volte ho talmente tante cose in testa che non riesco a riordinarle e dividerle per scaffali, e allora tutto si mischia, non distingui quali sentimenti provi per cosa, un attimo credi di vivere una cosa e l'attimo dopo il contrario della stessa.
questo è stato il mio stato d'animo fino ad ora, da parecchio tempo direi. A. direbbe "troppo tempo".
oggi mi sento di dire che un pò mi sento cambiata, sarà che i 30 anni che stanno per arrivarmi addosso mi fanno sentire più saggia, più riflessiva, meno critica, meno, più, meno, più. 
Oggi so che la mia vita è sicuramente segnata dal destino che più volte mi ha messo davanti cose che erano fatte per stare lì, e per arrivare qui.
Ma so anche che oggi la mia vita deve fare i conti con quello che voglio io, che cerco io, che costruisco io.

oggi faccio i conti con i miei 30 anni che stanno per arrivare, con quello che ho fatto e quello che non ho fatto.
con le persone che ho incontrato, con quelle che mi hanno tagliato il cuore e con quelle che me l'hanno ricucito, quelle che me l'hanno saccheggiato e quelle che l'hanno riempito fino a traboccare.
con i viaggi incredibili che ho fatto, e quelli che non ho fatto per paura, quelli che non farò più e quelli che rifarei mille volte ancora.
con la musica che ho imparato ad ascoltare e quella che ho lasciato con la scusa della pausa di riflessione, quella che ho ripreso e quella che ho abbandonato per sempre.

insomma, mi sento di averli riempiti questi 30 anni di vita, bene o male, mi sento di averli vissuti, soprattutto di averli vissuti come volevo io.
ma tra le cose che non avevo mai fatto c'era qualcosa che mi mancava, sentirmi parte di qualcosa che si spende per gli altri, sentirmi parte di una relazione di solidarietà che non si accomuna all'amicizia, nè alla conoscenza, è proprio un darsi diverso, sono idee nuove che arieggiano in testa, esperienze che ti aprono altre mille porte a cui mai avresti avuto accesso, è una nuova scoperta di sè, quasi sorprendente.
Ecco io oggi sto con Emergency, e questo mi fa sentire viva. Mi fa sentire parte di una cosa grande, grande nella sua umanità e nello spirito che mette nelle parole che usa ai convegni e insieme nell'allestire un banchetto ad una manifestazione.
stare con Emergency è come tornare nelle sensazioni che ho abitato durante i viaggi che mi hanno messo di fronte ai problemi veri di questo strano mondo che sembra fatto di altro, e che mi hanno cambiata per sempre.
e tutto questo mi fa sentire davvero onorata di farne parte.

giovedì 21 aprile 2011

Aprile, 27.

questo è un mese speciale, per me.
tra qualche giorno mio nipote Lore compirà il suo primo anno di vita, avrà la sua prima festa di compleanno e comincerà la girandola degli anni che passano e volano via come palloncini nell'aria.
quando un anno fa aspettavamo, insieme alla sua mamma nonchè mia migliore amica (si è sempre lei, quella con la A), che arrivasse, mai avrei immaginato un anno così pieno di tutto come quello che poi è stato.
non darò in pasto al web nessuno dei ricordi indelebili che pulsano nella mia mente e che poi si trascinano nel cuore ogni volta che penso ad ognuno dei momenti che ho vissuto con lui, o per lui, o grazie a lui.
Ne custodisco con gelosia e amore ogni minimo particolare, spesso mi capita di tracciare nella mia parte razionale del cervello ogni minuto della notte in cui è nato e che mi ha sconvolto la parte sinistra, per non rischiare di perderne mai un pezzo, per poterne sorridere ogni volta che mi andrà, di quello che è stato un giorno bellissimo in tutta la mia vita.
solo chi ha provato un'emozione simile sa di cosa sto parlando.
E tu, lettore casuale del mio blog, se ci sei e ridi delle mie parole smielate, è perchè non sai niente dell'amore, di cosa significa aver visto un bambino due ore dopo che è nato guardarti con gli occhi spalancati, come se sapesse tutto della vita, delle cose, delle ultime ore, e ritrovarlo oggi a correre nel prato con le braccia allargate per stare in equilibrio, e la faccia affondata in un sorriso che ti scioglie il sangue nelle vene, fiero e orgoglioso di esserci, consapevole di avere il coraggio di andare oltre il sicuro, di essere lì, in piedi nel prato, in una perfetta idea di libertà.
Lore, non avrei saputo augurarti di meglio per il tuo Primo Compleanno, c'è chi la rincorre per tutta la vita.
E c'è chi ce l'ha addosso, come te.
Inizio a fantasticare. Ti immagino tra 20 anni, cercare un post su di te su un blog; ti immagino mentre lo trovi, e ti immagino che ne so, che mi scrivi un sms con scritto, SFI-GA-TA. E io sorriderò, e ti amerò come oggi.
Nel frattempo, Buon Compleanno piccolo nuddi di bellezza.

lunedì 18 aprile 2011

tempo di corsa

bene, da oggi lo dico, si apre la stagione della corsa. Ora non è dato di sapere se e quanto durerà, ma ogni anno arriva la stagione dello "sport" e quest'anno la disciplina scelta è proprio lei. Dopo vecchi, ma vecchi amarcord di tennis e numero 1 corso di aerobica, dopo anni di capoeira, un excursus nella fit-boxe e qualche sessione di nuoto, quest'anno si prova con la corsa.
Quella che ti fa venire subito il mal di milza, quella che ti fa sudare nei punti più fastidiosi del corpo, tipo la pancia, il collo, l'incavo delle braccia.
In più correre mi fa sentire sempre in soggezione, perchè mi sento esposta, prima di tutto per la mise. Quest'anno ho scelto leggings e maglia bianca, in un stile tutina che mi accompagna da tempi non sospetti dell'unico vero sport che ho praticato con amore e passione, ma che forse proprio per queste ragioni non considero tale, o almeno non solo, la capoeira.
Comunque, dicevo, in soggezione. Mi espongo in qualcosa di non piacevole, quindi le mie espressioni facciali si modificano fino quasi al deterioramento. Come tutte le cose che non mi piace fare, quando la faccio, sembra sempre che duri un'eternità, sembra infinita e la vivo male. Ma male che me ne pento e non vedo l'ora di essere a casa. Non so mai dove tenere le braccia, se tenerle quadrate a robottino come gli esperti o lasciarle giù leggermente inclinate. Poi mi sento sempre la testa che mi pulsa come se dovesse esplodere.
Per fortuna non vado da sola perchè se no monta anche l'ingombro mentale di cosa fare mentre corri, l'ipod è scomodo, balla di qua e di là come un insetto impazzito, e poi, bisogna salutare quelli che incontri come in montagna? o fai finta di non vederti? Poi magari ti sforzi di pensare a qualcosa e non riesci a pensare a niente, pensi solo che vorresti fermarti accasciarti sul muretto e ricominciare passeggiando. Invece dai, se corri con qualcuno non hai nessuna di queste incombenze sociali.

Certo, leggendo ci si chiede cosa ci vado a fare che mi fa schifo.
Punto 1 è economico
Punto 2 mi sono fatta convincere dallo slogan "l'unico modo per buttar giù la pancia è correre" che mi insegue da tempi immemori
Punto 3 sabato mattina ho fatto una camminata lunghissima e stamattina avevo ancora dolore ai muscoli. E non ho ancora 30 anni.

Quindi direi, va da sè. Tempo di correre, metafora perfetta di ciò che dovrei fare oggi. Chissà che non mi aiuti. Che la corsa mi aiuti e mi sostenga, e mi riporti sana e salva davanti a un bel piatto di pasta che si, mi farà sentire davvero VIVA.

giovedì 17 marzo 2011

Amicizia, questa conosciuta.

mi commuovo davanti a tante cose, e vedere pezzi di amicizia vera nei rapporti mi commuove sempre. i miei poi mi fanno piangere di felicità.
la mia esperienza con questo sentimento è iniziata molti anni fa, dall'età dell'asolescenza, e in tutti questi stessi anni si è modificata ogni volta, fino ad arrivare allo stadio più puro, più vero, più denso.
tanto che riconoscere qualche pezzo di ciò che io possiedo, in relazioni tra altre persone, diventa facile,e allo stesso modo ne riconosco i bluff,  o sorrido per chi vedo coinvolto sinceramente in qualcosa di vero e ancora mi sento più felice per me, perchè riesco a rendermi conto in modo tangibile della fortuna che ho avuto. io sono assolutamente consapevole di avere qualcosa che non tutti hanno. che non tutti riescono ad afferrare, a volte nessuno in tutta la vita.

mi piace quest'idea dell'avere, perchè so che è una condizione privilegiata, aver trovato, per caso, destino, chiamatelo come volete, qualcosa che ancora oggi, dopo più di otto anni, io non riesco a definire in modo completo. tutte le parole di questa terra non basterebbero ad identificare il sentimento di pienezza e completezza che io provo nei confronti di un'amicizia che mi fa sentire protetta in uno scambio costante e gratuito. ogni giorno.

e vi assicuro che nel buio che accompagna i pensieri di questi ultimi giorni, l'idea di avere una cosa così preziosa mi rincuora, mi scalda e mi alleggerisce. 
conosco l'Amicizia, e per caso, destino, da me si chiama sempre e solo con la A.

giovedì 17 febbraio 2011

crescere

ho una sorella di dodici anni, li compie in un giorno di luglio che viene subito dopo il mio.
l'ho sempre considerato un evento simbolico che ci lega ancora di più.
quella volta festeggiavo 18 anni, e mia madre avrebbe partorito, qualche ora dopo.

comunque.
salta fuori che l'estate scorsa mi sembra diversa, cresciuta.
una richiesta di fidanzamento preadolescenziale scritta su un foglietto di carta consegnato a mano, una casella da barrare, vuoi stare con me si-no, in un silenzio pieno di imbarazzo, la fa diventare tutt' a un tratto raggiante come mai, piena di felicità e ardore emozionale.
mi dice che ogni volta che lo vede le succede una cosa strana, dèntro nè, che non capisce.

gioisco per la sua naturalezza, per la sua spontaneità nel vivere un'emozione e condividerla con me come il migliore dei successi. mi commuove.

oggi ho imparato cos'è un bacio-lavatrice, perchè alcune sue amiche già lo danno.
Dopo la delusione avuta dal poeta del foglietto -seguita da una crisi inconsolabile - ora a lei piace uno di terza media, che lo spia quando lui non la vede, all'intervallo, e che non sa nulla di tutto questo.
comunque lei il bacio-lavatrice ancora non lo dà, ce lo ha assicurato, a noi della famiglia.
-certo quell'ANCORA non è rassicurante-
poi ha spiegato a mia madre cosa vuol dire "farsi", nel senso amoroso del termine.
e anche mia mamma ha conosciuto così questa nuova parola.

tremo davanti a questi aggiornamenti lessicali, e oggi ho la certezza che qualcosa sia cambiato davvero.

Quante cose ci portiamo dietro dal primo amore? dai primi battiti sconvolti e assordanti di un cuore che pompa perchè ci accorgiamo che qualcuno ci piace? E' solo istinto o l'inizio di un destino già compiuto? Le storie che viviamo da adulti sono tutte nate quel giorno lì?
Forse si. Forse tutto sta in quel primo rimescolarsi sconosciuto di stomaco e sangue, che ci porteremo dietro per sempre insieme alle vittorie e alle sconfitte che ne derivano, la zavorra della nostra essenza di persone che amano.

Per ora mi fermo al bacio-lavatrice. Ma chissà cosa ci riserva mai il futuro.

lunedì 14 febbraio 2011

se non ora, quando

bene, ieri c'è stata l'attetissima manifestazione di "se non ora, quando".
non mi piace chiamarla la manifestazione delle donne, perchè non credo sia stato solo questo.

ho visto nascere questo giorno in una serata al teatro Parenti di Milano, a cui avevo partecipato quasi per caso, insieme a mia sorella. c'erano due attrici italiane, un dialogo fitto e serrato tra due donne che impersonavano diversi modi di vivere l'essenza e la condizione di donna appunto, e una discussione aperta al pubblico, in cui uomini (pochi) e donne intervenivano più o meno a proposito.

(Mi sono ripetuta che il retaggio culturale in cui si cresce fa sempre la differenza. ma questo argomento meriterebbe come minimo un altro post in dedicata.)

A fine serata, ero contenta di aver messo in moto il cervello su cose su cui ci si sofferma poco spesso, a volte, se non costrette da situazioni personali o comunque di una certa vicinanza.
E idealizzavo che questo fosse il primo passaggio di un progetto che ci si auspicava di vedere a medio termine. Ho firmato per essere informata delle iniziative che si sarebbero tenute a seguire, pensando, purtroppo a causa della mia diffidenza, che sarebbe stata l'ennesima cartella di archivio in cui spostare nuove newsletter.
Mai avrei pensato che sarebbe diventato un giorno di condivisione così grande, qualche mese dopo.

e invece, è stato bellissimo vedere quelle parole diventare facce vere di tutte le piazze d'Italia ieri.
mi sono sentita di aver fatto parte di qualcosa che può davvero cambiare, diventare consapevolezza autentica di un valore condiviso, se ci si crede davvero.
e queste donne ci hanno creduto, già da quella sera.

Non ero in piazza ieri, ma ci sono stata, in un certo senso.
Al mattino ho accompagnato mia sorella alla partita di pallavolo. Avvistiamo dalla macchina due vecchiette che camminano per la strada di un paesino sperduto di montagna, avvolte nella nebbiolina si sorreggevano braccio al gomito, parlottavano in dialetto munite solo di gengive.
si vedeva che era dialetto dallo sguardo. dagli occchi, proprio.
allora le dico, queste siamo io e l'Angela da vecchie, ci vedi? ridiamo.

Dopo pochi metri, troviamo uno striscione che dice che noi donne siamo esseri superiori, che non vogliamo fare parte dei bunga bunga di chi non ci rispetta.
e ho pensato alle due vecchiette, e mi è piaciuto tantissimo pensare che quello striscione alto 1 metro e mezzo l'avessero appeso loro. che qualche nipote le avesse aiutate a scriverlo con le bombolette spray, che qualche altro nipote gliel'avesse appeso a quel muro a strapiombo su una strada deserta, che l'avessero riletto e ne avessero riso, sempre e solo con le gengive ovviamente.
Sempre per via della mia diffidenza, scarto la fantasia e ricollego la realtà.

Ma pur facendolo, in quel momento mi sono sentita che qualunque donna può e deve riconoscersi in qualcosa, qualcuno che lotti per lei. in un movimento che la salvaguardi, la rispetti, la faccia ridere e pensare. che le metta davanti le cose per ciò che sono, senza abbellimenti, senza bugie. l'onestà intellettuale è qualcosa che ci dobbiamo. Questo ho pensato, che fossero state loro oppure no.

perchè noi donne abbiamo la forza, se la cerchiamo, se la vogliamo, se ce la sentiamo addosso, di diventare più grandi delle nostre debolezze, più in alto di chi ci vuole sotto, più spostate di chi ci vuole agglomerate in qualcosa che non siamo noi.

in questo momento di schifo che sta attraversando la "politica" italiana, quello che è successo ieri deve per forza diventare un segnale.

perchè è ora.
e se non ora, quando.

sabato 12 febbraio 2011

la delusione


si sperimenta in tanti modi, la delusione, coinvolge parti diverse del corpo, membrane che fino a prima ti sembravano messe lì così, a volte inutili, pezzi di te che all'improvviso si fanno minuscoli.
durante la delusione si attraversano diverse fasi.
prima arriva il vuoto, più o meno all'altezza dello sterno
poi il vuoto si gonfia e passa allo stomaco ed è per quello che a volte viene il senso di vomito
(non ho conoscenze mediche adeguate, ma io penso che sia per quello)
poi il vomito si scioglie nelle vene che pompano il cuore
il cuore spinge le vene fatte di sangue e vomito e trasforma il tutto in lacrime agli occhi
gli occhi dicono al cervello, è ora che ti incazzi.
ed è li che arriva, puntuale, la rabbia.

giovedì 10 febbraio 2011

chenometidò

chissà se faccio bene ma l'ho fatto. Ho aperto un blog. Aperto nel vero senso della parola. Nel senso che potranno leggere le mie parole persone anche sconosciute. Certo nell'era di facebook, messenger, skype, etc aprire un blog sembra quasi tornare indietro nel tempo, eppure mi sento un pò in soggezione rispetto a questa nuova forma di lascito scritto.

L'idea che qualcuno che non ho mai visto si possa fermare, interessato a leggere qualcosa che scrivo, mi incuriosisce e mi spaventa insieme, chissà se qualcuno leggerà davvero? avrò sempre qualcosa da scrivere? domani verrò a vedere quante visite ho ricevuto? dove metterò la sensazione che ne deriva? mi condizionerà nei prossimi scritti?

troppe domande per il post di apertura.

Lo dedico alla mia Amica, che mi ha insinuato questa idea nella testa un giorno di un pranzo in un Autogrill aeroportuale, e che come sempre lascia il suo segno in me.

E quindi niente, si comincia, vediamo come và. Se va. Dove va. Chenometidò può cominciare.