lunedì 31 ottobre 2011

Debolezze

Far cadere una lente nel lavandino. La destra. Quella che, nonostante la posizione, mi dà soddisfazione perchè è la più debole, tra le due diottrie dei miei occhi.
Scoprire che era l'ultima del pacchetto.
Ricordarmi che giusto il giorno prima mi ero detta di andare a comprare le lenti perchè sono finite, non si sa mai. Potrebbe rompersene una mentre la metti via. Potrebbe uscirne una dagli occhi durante la doccia.
Potrebbe caderne una nel lavandino, all'1 di notte, dopo una giornata no. Potrebbe.
Maledirsi.
Immaginare il futuro di tra 6 ore senza lente destra, che va bene che è la più debole, ma è comunque un bel -3 di diottria.
Tento di recuperare la lente tra i buchi dello scarico, devo fare la mia scelta: opero con cotton-fioc o parte stondata di una forcina? scelgo il cotton fiocc perchè la forcina la potrebbe scheggiare. Risposta sbagliata. In circa un nanosecondo la punta gigante del cottonfiocc spinge inesorabilmente la lente nel buco nero del lavandino.
Inizio, nervosissima, il vaglio delle ipotesi su come affrontare il day-after:
a) andare senza la lente dx fino all'ottico, comprarla e metterla lì dall'ottico. mi dico che è un'opzione scartabile, quanto meno per non farmi prendere per una psicopatica;
b) mettere la lente sx che ho in più (erano rimaste spaiate già da un pò da quando avevo già riperso una lente destra, come si può immaginare, io e le cose di destra non siamo molto affini) anche se ha una diottria in più dell'altra, mi dico che al massimo può girarmi un pò la testa, che sarà mai, del resto si tratta di questione di minuti, arrivare dall'ottico e comprare la -3 e trovare il primo bagno per metterla.
c) uscire con gli occhiali. l'ultima spiaggia, la possibilità a cui non avevi pensato, l'alternativa che non hai mai concepito.

nel vagliare le tre ipotesi mi rendo conto di avere un problema, cioè, ce l'ho, inutile fingere.
ho un problema con gli occhiali.
vado avanti a rimuginare sulle ipotesi operative anche mentre strofino i denti, mentre mi trascino nel letto e nel vortice di pensieri pre-sonno. e non riesco a decidere.
prendo veramente in considerazione l'opzione c) nei momenti di lucidità, quando penso all'impersonale, quando mi vedo con gli occhi di una persona esterna, penso a quanto si incazzerebbe A. se sapesse di tutto questo vaglio di ipotesi. Ora lo sai, A.

Eccola, ve la presento, è la mia debolezza fisica -e mentale?- più grande, che ha radici lontane piantate nell'età dell'adolescenza in cui ero, e mi sentivo, una racchia di merda!
Tutte le mie amiche e compagne di scuola non li avevano, ci vedevano bene ad ogni battito di ciglia, io avevo sempre bisogno di qualcosa che mi aiutasse e nello stesso tempo mi spingesse nel limbo delle sfigate delle medie-con-gli-occhiali. Che poi a quei tempi mica c'erano i modelli di oggi comunque, non c'erano le montature e le forme da nerd in versione figa di oggi, stiamo veramente parlando di roba inguardabile, modelli alla john lennon tutti metallizzati e grigi che avrebbero fatto sentire un cesso anche Naomi Campbell.

Non mi ha mai abbandonato, la mia debolezza. Da quando avevo 16 anni e mia madre venne mossa da pietà, porto le lenti a contatto, con un breve intervallo di 4 mesi, circa 8 anni fa, perchè avevo avuto una congiuntivite per l'abuso orario delle lenti. Periodo buio, giuro. e non solo perchè non ci vedevo. Non vedevo neanche me stessa.

Ogni volta che la sera me le tolgo, se ne va un pezzo della mia autostima, torno lì, torno indietro di 15 anni nel giro di un minuto, pulisci le lenti dell'occhiale, inforcalo, ti metti sul divano e le bacchette sono li tra la tua pelle e il cuscino, a ricordarti, dentro al solco che ti lascia la bacchetta, che tu hai bisogno di un cazzo di paio di occhiali per vedere da qui alla tele.

Ho un problema con gli occhiali, vorrei svegliarmi al mattino e non stringere gli occhi per decodificare cosa mi circonda, sarebbe un sogno sentirsi già parte del mondo attorno senza aiuti esterni, non richiesti, non voluti, ma che mi servono.
Ecco, di questa debolezza mi infastidisce il fatto che, comunque, sia una cosa che prescinde da me, dai miei gusti, dalla mia volontà, è una cosa che non posso controllare e per questo impossibile da accettare. E' una cosa che mi costringe a fare cose che non farei, ad avere pensieri che non avrei in condizioni normali, che mi obbliga in un certo senso alla finzione.

Odio la mia debolezza perchè ne sono schiava. Eppure non posso liberarmene mai.
Le debolezze sono i buchi neri dove buttiamo quello che a volte non sappiamo dire neanche a noi stessi. Le guardiamo, le osserviamo, ce ne distanziamo, in una forma di miopia volontaria, ma le nostre debolezze tornano, non ci lasciano, riaffiorano in superficie appena ce ne dimentichiamo.
Per ricordarci che non siamo perfetti, che c'è qualcosa che sfugge comunque al nostro controllo su noi stessi, su ciò che vorremmo e che non è, per ricordarci che loro, le nostre fottutissime debolezze, vanno affrontate, e sfidate, e combattute.
Per questo ho deciso che la prossima volta che mi succederà una tragedia di questo tipo, inforcherò gli occhiali.
(e una calza in testa.)
Per combatterti, debolezza.




 

venerdì 21 ottobre 2011

Liberi e Uguali

Liberi e Uguali.
Questo è il tema della tessera di Emergency del 2012. Di queste parole si riempie l'articolo 1 della Dicharazione Universale dei Diritti Umani.
Recita così:

"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti." Riconoscere questo principio "costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo".

Provo un sentimento amaro nel pronunciare, pensare, queste parole insieme, perchè l'epoca che viviamo mi porta a a pensare che non ci sia niente di più lontano da noi, di tutto questo.
Siamo assediati da (fanta)politiche inconcludenti, da guerre camuffate da nickname assurdi e consolatori, parole oppiacee studiate per chi sposta l'ago del suo interesse alle futilità che vengono sapientemente diffuse nella nostra vita commerciale di piccoli omini playmobil del truman show all'italiana.
Guardiamo tg che durano 30 minuti, 20 dei quali dedicati ai processi penali di quello che dovrebbe essere il nostro presidente del consiglio (tutto in minuscolo, si lo voglio).
Liberi e Uguali. Spesso pensando a queste parole messe insieme, alla dichiarazione universale dei diritti umani, si aprono nella nostra testa ventagli di fotografie che ci portano in paesi lontani, diversi dal nostro, Vediamo le donne coperte dal burqa, o bambini denutriti, ingiustizie sociali evidenti agli occhi di chiunque le guardi. Ma non è solo questo. Non parte da lì.
E' DA qui che noi non siamo liberi, e non siamo uguali, è nella nostra bella Italia occidentale che non siamo liberi di scegliere chi ci deve governare, è qui che la libertà di stampa ci vede in posizioni di classifica imbarazzanti, è qui che non siamo uguali davanti alla legge, alla politica, alla vita che siamo costretti a fare in una comunità che non abbiamo scelto, ma che ci appartiene volenti o nolenti.
E' da qui che noi non siamo liberi e uguali, fino ad arrivare a quei posti lontani da noi.

Saremo liberi quando riusciremo ad uscire dalla prospettiva dell'uno, quando il più dialetticamente ribelle dei politici riuscirà davvero a tagliare il suo stipendio della metà, quando lo vedrò tagliare le spese militari e comprare degli asili, quando non lo vedrò sovvenzionare prigioni di tortura in Afghanistan.
Saremo liberi quando non vedrò più da un finestrino di un pulman di Milano la gente in coda alla porta di un istituto di carità per cercare un letto dove dormire per una notte, e tutte le altre chissà.
Saremo liberi quando tutti decideremo che la guerra ci fa schifo, che ci fa schifo appoggiare un partito (che si dice) di sinistra che la etichetta come Missione di Pace per lavarsi la coscienza e tenere il piedino ben saldo nei suoi privilegi da palazzo ministeriale.

Saremo liberi quando la parola Pace potremo pronunciarla, pensarla, immaginarla senza nessun altro nome di fianco.

Saremo uguali quando non dovremo più guardare le vite di bambini che non possono crescere, saremo uguali quando tutti avranno diritto all'istruzione, alla salute, alla vita vera. Quella che noi possiamo fare senza chiederci neanche perchè.
Saremo uguali quando non dovremo sentirci fortunati di pensare che nostro figlio non si troverà mai sopra una mina antiuomo mentre cammina per la strada correndo dietro a un pallone.

Combatto insieme a Emergency contro questo schifo, contro la negazione del diritto alla vita, inconquistabile perchè insito nella vita stessa, perchè pensare di poterne decidere a spese di qualcuno è un atto criminale.
Perchè Emergency costruisce ospedali per curare le vittime della guerra, della povertà, della disuguaglianza sociale, in Africa, in Asia, e anche in Italia.
Per promuovere la cultura della Pace, per cercare di dare un senso a ciò che ci circonda.
Perchè non ci bastiamo a noi stessi, non è vero. Perchè tutti noi abbiamo bisogno degli altri.

E' il nostro sogno, essere Liberi e Uguali. A costo di provarci tutta la vita.


lunedì 10 ottobre 2011

Castagne come vita

Ieri ho fatto una cosa bellissima: mi sono ricongiunta con la natura.
Ok, lo devo dire, non ero mai stata a raccogliere le castagne, nonostante le mie origini.
A dirla tutta, non sono mai stata a raccogliere niente in posti che siano prati, boschi, sterpaglie, etc.
Ad oggi mi era capitato di raccogliere pignettine con Lore a Castiglione della Pescaia, conchigliette a Porto San Paolo e sassi ai parchi giochi, sempre per la tendenza di mio nipote mastro-Lore a dover raccogliere cose e spostarle da un punto A a un punto B del suo piccolo grande mondo.
Niente mai che prevedesse una ricerca dettagliata e minuta, determinata da uno scopo, e causata da una sfida lanciatami sabato sera dalle componenti della mia famiglia, che non credevano potessi davvero farlo e per questo cercavano di tentarmi nel desistere dall'impresa inventandosi cose allucinanti -dal "non sai neanche come vestirti, dove andare", al "ci saranno in giro i cacciatori, quei boschi li sono di proprietà privata, se ti vedono te le sequestrano" - . Sequestro di castagne. Bah.

Quindi ieri, appena dopo pranzo andiamo, io e la Cips, dotate di tuta, scarpe tennis e sacchetto biodegradabile (...), e bastano 15 passi nel bosco per capire di avere sbagliato tutto: qui mi sento di dare qualche consiglio pratico ai neofiti del genere, niente pantaloni che possano essere trapassati da rami e spine, niente scarpe che facciano scivolare nel terriccio, e niente sacchetto bio se devi raccogliere i ricci mezzi aperti e spinosissimi (direte, sono ricci... va da sè).
Purtroppo nessuno mi aveva avvisato, neanche le mie parenti che facevano le donne di montagna navigate, quindi non mi sono sentita in difetto. Sbagliare per imparare. A dire la verità io pensavo di trovarle già tutte sgusciate le castagne, ma qui si entra in un territorio ancora più minato.

Procediamo. Facciamo un'oretta a camminare in salita, ispezionare radici di albero che non conosco, imparo che c'è una pianta che segna il nord, dice la Cips, ma non mi ricordo già più come si chiama, il mio spirito montanino si è esaurito nel giro di 18 ore. Momenti di pura estasi quando troviamo quelle sgusciate, di un bel marrone castagna appunto, lucide, belle cicciotte e lisce, ci smontiamo quando dalla posizione di cocorinha crediamo di averne trovata una del tipo come-te-nessuno-mai, e invece la giriamo e il buco sulla pancia ci riporta alla prossima radice di albero.
Capitolo ricci: abbandoniamo quelli chiusi e raccogliamo quelli mezzi aperti da cui si scorge il colore della castagna che contengono, e finiscono tutti nel sacchetto bio, pungendomi le gambe a ogni passo. In questo preciso istante realizzo di aver cannato completamente sulla scelta del contenitore.
Segno l'appunto in testa, perchè sapete, i post del blog ti girano in testa a sprazzi, sono come input che vanno conservati e poi messi insieme. Sono ricci che vanno messi nel sacchetto e poi aperti a casa, e solo lì decidi quali castagne terrai.
ricci come post, castagne come vita.
ne raccogli un pò, li porti a casa, li sgusci con un cacciavite piatto e scopri che dentro a volte ci sono tre castagne, non una sola. Le controlli, cerchi i buchi, a volte trovi i vermi. Li elimini inconsciamente tra i brividi e la pelle d'oca.
A volte indugi su qualche buco che non sembra profondo, la lasci lì un attimo, in attesa di giudizio.
Quando hai finito con le altre, torni sui mezzi buchi, no, sono proprio buchi, meglio non rischiare. E le butti via.
Castagne come le persone che incontri, ricerca attenta e scrupolosa di qualcosa di buono. Scoperta che il buono si nasconde oltre i buchi. e sono tanti. Quanto c'è nella natura che ritroviamo dentro le nostre vite, e spesso neanche ce lo immaginiamo.

Comunque ho deciso. L'anno prossimo ci andrò un pò prima, a raccogliere quelle già sgusciate. Sbagliare per imparare.

lunedì 3 ottobre 2011

Più o meno

questi sono giorni di addii, di ricordi dolci col retrogusto salato che rimane sul fondo, a ricordarti che la vita è sempre pronta a fartele pagare, le cose belle.
ricevo email di saluti da persone che conosco ormai da quasi dieci anni, per ognuna di loro ho un ricordo più o meno bello da spolverare, da riguardare, da riassaporare.
strano pensare a quando toccherà a me scriverne una. non so neanche se ne avrò voglia, poi quante persone dovrò salutare ormai? si conteranno sulle dita di una mano.

scrivo questo post con un filo spesso che sa di saudade, perchè so che questi tempi non sono fatti per tornare. perchè so che sono stati tempi memorabili, e per questo definiti. limitati.
Li ho vissuti, li abbiamo vissuti, mi piace parlare al plurale come se parlassi per tutti, e non rimpiango nulla, non è nella mia natura, sono cresciuta dentro un posto che ha fatto crescere anche le mie parole, la mia vita in generale. perchè alla fine il lavoro è veramente parte integrante, a volte pulsante, del percorso che decidiamo di seguire, più o meno consciamente.

più o meno. questo mi viene da dire se penso a questi -quasi- 10 anni, il bilancio ancora non mi è chiaro, ora. nella mia mente si aggirano ancora troppi dubbi, troppe memorie di ciò che è stato, e troppe incognite di ciò che sarà poi.
quando ho aperto la pagina, prima, cercando il titolo per queste parole, volevo scrivere un post che fosse una specie di memoriale, una lista di eventi vissuti e consumati, e invece poi mi sono bloccata qui. a tre paragrafi. al più o meno.
e allora l'ho usato come titolo.