giovedì 17 febbraio 2011

crescere

ho una sorella di dodici anni, li compie in un giorno di luglio che viene subito dopo il mio.
l'ho sempre considerato un evento simbolico che ci lega ancora di più.
quella volta festeggiavo 18 anni, e mia madre avrebbe partorito, qualche ora dopo.

comunque.
salta fuori che l'estate scorsa mi sembra diversa, cresciuta.
una richiesta di fidanzamento preadolescenziale scritta su un foglietto di carta consegnato a mano, una casella da barrare, vuoi stare con me si-no, in un silenzio pieno di imbarazzo, la fa diventare tutt' a un tratto raggiante come mai, piena di felicità e ardore emozionale.
mi dice che ogni volta che lo vede le succede una cosa strana, dèntro nè, che non capisce.

gioisco per la sua naturalezza, per la sua spontaneità nel vivere un'emozione e condividerla con me come il migliore dei successi. mi commuove.

oggi ho imparato cos'è un bacio-lavatrice, perchè alcune sue amiche già lo danno.
Dopo la delusione avuta dal poeta del foglietto -seguita da una crisi inconsolabile - ora a lei piace uno di terza media, che lo spia quando lui non la vede, all'intervallo, e che non sa nulla di tutto questo.
comunque lei il bacio-lavatrice ancora non lo dà, ce lo ha assicurato, a noi della famiglia.
-certo quell'ANCORA non è rassicurante-
poi ha spiegato a mia madre cosa vuol dire "farsi", nel senso amoroso del termine.
e anche mia mamma ha conosciuto così questa nuova parola.

tremo davanti a questi aggiornamenti lessicali, e oggi ho la certezza che qualcosa sia cambiato davvero.

Quante cose ci portiamo dietro dal primo amore? dai primi battiti sconvolti e assordanti di un cuore che pompa perchè ci accorgiamo che qualcuno ci piace? E' solo istinto o l'inizio di un destino già compiuto? Le storie che viviamo da adulti sono tutte nate quel giorno lì?
Forse si. Forse tutto sta in quel primo rimescolarsi sconosciuto di stomaco e sangue, che ci porteremo dietro per sempre insieme alle vittorie e alle sconfitte che ne derivano, la zavorra della nostra essenza di persone che amano.

Per ora mi fermo al bacio-lavatrice. Ma chissà cosa ci riserva mai il futuro.

lunedì 14 febbraio 2011

se non ora, quando

bene, ieri c'è stata l'attetissima manifestazione di "se non ora, quando".
non mi piace chiamarla la manifestazione delle donne, perchè non credo sia stato solo questo.

ho visto nascere questo giorno in una serata al teatro Parenti di Milano, a cui avevo partecipato quasi per caso, insieme a mia sorella. c'erano due attrici italiane, un dialogo fitto e serrato tra due donne che impersonavano diversi modi di vivere l'essenza e la condizione di donna appunto, e una discussione aperta al pubblico, in cui uomini (pochi) e donne intervenivano più o meno a proposito.

(Mi sono ripetuta che il retaggio culturale in cui si cresce fa sempre la differenza. ma questo argomento meriterebbe come minimo un altro post in dedicata.)

A fine serata, ero contenta di aver messo in moto il cervello su cose su cui ci si sofferma poco spesso, a volte, se non costrette da situazioni personali o comunque di una certa vicinanza.
E idealizzavo che questo fosse il primo passaggio di un progetto che ci si auspicava di vedere a medio termine. Ho firmato per essere informata delle iniziative che si sarebbero tenute a seguire, pensando, purtroppo a causa della mia diffidenza, che sarebbe stata l'ennesima cartella di archivio in cui spostare nuove newsletter.
Mai avrei pensato che sarebbe diventato un giorno di condivisione così grande, qualche mese dopo.

e invece, è stato bellissimo vedere quelle parole diventare facce vere di tutte le piazze d'Italia ieri.
mi sono sentita di aver fatto parte di qualcosa che può davvero cambiare, diventare consapevolezza autentica di un valore condiviso, se ci si crede davvero.
e queste donne ci hanno creduto, già da quella sera.

Non ero in piazza ieri, ma ci sono stata, in un certo senso.
Al mattino ho accompagnato mia sorella alla partita di pallavolo. Avvistiamo dalla macchina due vecchiette che camminano per la strada di un paesino sperduto di montagna, avvolte nella nebbiolina si sorreggevano braccio al gomito, parlottavano in dialetto munite solo di gengive.
si vedeva che era dialetto dallo sguardo. dagli occchi, proprio.
allora le dico, queste siamo io e l'Angela da vecchie, ci vedi? ridiamo.

Dopo pochi metri, troviamo uno striscione che dice che noi donne siamo esseri superiori, che non vogliamo fare parte dei bunga bunga di chi non ci rispetta.
e ho pensato alle due vecchiette, e mi è piaciuto tantissimo pensare che quello striscione alto 1 metro e mezzo l'avessero appeso loro. che qualche nipote le avesse aiutate a scriverlo con le bombolette spray, che qualche altro nipote gliel'avesse appeso a quel muro a strapiombo su una strada deserta, che l'avessero riletto e ne avessero riso, sempre e solo con le gengive ovviamente.
Sempre per via della mia diffidenza, scarto la fantasia e ricollego la realtà.

Ma pur facendolo, in quel momento mi sono sentita che qualunque donna può e deve riconoscersi in qualcosa, qualcuno che lotti per lei. in un movimento che la salvaguardi, la rispetti, la faccia ridere e pensare. che le metta davanti le cose per ciò che sono, senza abbellimenti, senza bugie. l'onestà intellettuale è qualcosa che ci dobbiamo. Questo ho pensato, che fossero state loro oppure no.

perchè noi donne abbiamo la forza, se la cerchiamo, se la vogliamo, se ce la sentiamo addosso, di diventare più grandi delle nostre debolezze, più in alto di chi ci vuole sotto, più spostate di chi ci vuole agglomerate in qualcosa che non siamo noi.

in questo momento di schifo che sta attraversando la "politica" italiana, quello che è successo ieri deve per forza diventare un segnale.

perchè è ora.
e se non ora, quando.

sabato 12 febbraio 2011

la delusione


si sperimenta in tanti modi, la delusione, coinvolge parti diverse del corpo, membrane che fino a prima ti sembravano messe lì così, a volte inutili, pezzi di te che all'improvviso si fanno minuscoli.
durante la delusione si attraversano diverse fasi.
prima arriva il vuoto, più o meno all'altezza dello sterno
poi il vuoto si gonfia e passa allo stomaco ed è per quello che a volte viene il senso di vomito
(non ho conoscenze mediche adeguate, ma io penso che sia per quello)
poi il vomito si scioglie nelle vene che pompano il cuore
il cuore spinge le vene fatte di sangue e vomito e trasforma il tutto in lacrime agli occhi
gli occhi dicono al cervello, è ora che ti incazzi.
ed è li che arriva, puntuale, la rabbia.

giovedì 10 febbraio 2011

chenometidò

chissà se faccio bene ma l'ho fatto. Ho aperto un blog. Aperto nel vero senso della parola. Nel senso che potranno leggere le mie parole persone anche sconosciute. Certo nell'era di facebook, messenger, skype, etc aprire un blog sembra quasi tornare indietro nel tempo, eppure mi sento un pò in soggezione rispetto a questa nuova forma di lascito scritto.

L'idea che qualcuno che non ho mai visto si possa fermare, interessato a leggere qualcosa che scrivo, mi incuriosisce e mi spaventa insieme, chissà se qualcuno leggerà davvero? avrò sempre qualcosa da scrivere? domani verrò a vedere quante visite ho ricevuto? dove metterò la sensazione che ne deriva? mi condizionerà nei prossimi scritti?

troppe domande per il post di apertura.

Lo dedico alla mia Amica, che mi ha insinuato questa idea nella testa un giorno di un pranzo in un Autogrill aeroportuale, e che come sempre lascia il suo segno in me.

E quindi niente, si comincia, vediamo come và. Se va. Dove va. Chenometidò può cominciare.