settimana faticosa quella appena passata.
oggi, che è venerdì, smaltiti i postumi, posso fare un bilancio dei miei 3 giorni a Barcelona finiti martedì scorso.
Vado a festeggiare i 30 anni della mia amica L. Non importa se li ha compiuti il 14 e li festeggia come un matrimonio gipsy che dura settimane.
Ma ne compie 30, e allora vale tutto.
Comunque, arrivo sabato sera a Barcelona alle 6, mi dirigo verso il folkloristico quartiere del Raval, dove abita lei, la trovo pronta sul divano con la birra in mano. Capisco che è già finita, per me.
Le chiedo di aprire i miei regali, ma è presa dall'organizzazione dell'aperitivo che qui da noi verrebbe identificato con un amaro post-caffè, data l'ora. Sono le 21.30.
Comunque usciamo e arriviamo al Blai Tonight, un bel posto dove ci aspettano suoni e sillabe in un catalano per me incomprensibile; mando un ringraziamento speciale agli amici italiani della L, per le traduzioni in simultanea.
Siamo una quindicina di persone, vedo cloni di bottiglie di Estrella Damm sul tavolo, forse sono 50?
Le paga tutte lei, Gran Classe from Ranica.
In cambio riceve un maglione in stile tirolese, si susseguono apprezzamenti con urletti e sorrisoni. Il mio regalo invece è ancora a casa con Plato, il gatto di casa. Grugnisco perchè non me l ha fatto portare, sono l'unica senza regalo.
Mangiamo tapas a valanghe, crostini con cipolle caramellate, formaggio e marmellate, crocchette fritte, in una carrellata di cibo e bevande totalmente antisalutiste.
Da lì ci spostiamo in un bar vicino che serve "cerveja a 1€, copa a 3€", la L e i suoi ospiti locali me l'avranno ripetuto qualcosa come 163 volte a testa. Dev'essere lo slogan ufficiale del bar, penso.
Dopo il bar si va al Moog, posto cult per la mia amica L. appassionata di musica elettronica e tutto ciò che gli fa da contorno, le luci, la gente, la movida spagnola, la chiamano così.
Dopo qualche ora in questo locale che puzza di gradi alcoolici altissimi e di luci fluo, decido che è ora per me di tornare a casa, le gambe non mi reggono più, ho gli occhi serrati dal sonno, mi chiedo come sia possibile sostenere questi ritmi, ma ce la fanno? Mi sento irrimediabilmente vecchia, fuori posto, fuori contesto.
Sparisco nel letto insieme a Plato che mi fa le fusa, quando riappaio alla vita il sole è già alto, il tempo di un caffè italianissimo fatto in casa e da lì si riparte, altro giro altra corsa, si va a repeat delle 24 ore precedenti. Forse morirò.
Finalmente arriva il lunedì, sopravvivo, mi dico che è quasi finita, e finalmente è arrivato anche il momento per L. di aprire i miei regali: la vedo sciogliersi nelle lacrime che non mi ha mai dedicato, un sorrisone tenero senza la sua tipica malizia mi avvolge, per poi strattonarmi con i suoi classici baci e abbracci da camionista.
Sull'aereo che mi riportava alla mia vita, quella che ho scelto e voluto, ho pensato molto a questi 3 giorni di vita non mia che ogni tanto mi capita di vivere tramite la L, mi sono chiesta quanto potrei durare in un posto del genere, che non ha abitudini, che non ti annoia, che ti riempie fino a traboccare e che però è capace di farti sentire estraneo come non mai, se non ci entri fino in fondo.
Ecco, Barcelona mi fa sentire un'ospite sì di passaggio, ti dà mille possibilità e tu scegli quale cogliere, quello è il suo modo di essere libera.
E forse è per questo che piace così tanto alla L., grande estimatrice della teoria e pratica della libertà di essere del soggetto umano. Ognuno ha la sua, mi dico, ma la mia non è qui.
E nonostante questo, le nostre libertà si incastrano da 15 anni, come due forze contrarie e opposte di una calamita che non allenta mai la presa sul ferro. Con questa metafora smielata chiudo questo post dedicato a te mia Nana, e buon compleanno nel tuo undicesimo giorno di celebrazione trentennale.
venerdì 25 novembre 2011
martedì 15 novembre 2011
Baby-Sitting Emozionale
Questa settimana sono in modalità baby-sitter a mio nipote Pablo, ha appena compiuto 6 anni ed è moro, i capelli lunghi sulle orecchie che quando piove diventano frisé, occhi a forma di oliva color nocciola.
Mentre lo portavo in giro, proprio pochi minuti fa, e precisamente in un prato a giocare con la sua migliore amica, la pallina da tennis, pensavo proprio a questo: non so cosa darei per entrare nella sua testa e sapere cosa pensa.
Perchè Pablo non parla: è un cane. I cani sanno far capire le cose di cui hanno bisogno, di cui hanno o non hanno voglia, ma hanno pensieri impenetrabili, sguardi che nascondono chissà quali percorsi mentali di cui noi resteremo sempre all'oscuro, volenti o nolenti.
Mi sveglia al mattino con carezze di lingua ruvida e calda sulle guance, in uno dei rari momenti di tenerezza che mi riserva durante il giorno, e allora lì capisco che vuole grattatine sparse, e ribaltarsi sul letto grugnendo: eccolo il suo buongiorno, per me.
Quando aspetta la ciotola si piazza lì davanti, seduto sdraiato come se fosse a digiuno da giorni, con aria affranta, per poi dirigersi indolente verso l'oggetto del desiderio come per dire, "ah beh ok , ce l'hai fatta".
Fuori dagli orari del prato con pallina, a volte mi porge con delicatezza una ranetta di gomma ricoperta di saliva, e lì non ci sono storie: cerco di fare finta di non capire, ma conosce la mia debolezza, ha la stessa impertinenza di suo fratello Lore, comincia ad abbaiare finché non gliela tiro, nei miei 30mq di casa che mi ritrovo. Per avere più lunghezza di tiro, lascio anche aperta la porta del bagno, e i metri diventano magicamente 45. Cosa non si fa per fare contento un nipote.
Si fa capire quando vuole andare a letto: sempre a causa della ridotta disponibilità metroquadrica della mia casa, ho un divano letto che si apre, per dormire. Il piccolo lord, dorme sul letto, e dopo un pò la sera si stufa di stare sul divano, e inizia a sbuffare. Si piazza, seduto sulle zampe posteriori, per terra di fronte a me, e inizia a fissarmi. Giuro che non lo sto inventando, succede.
Vuole che io apra il divano e, una volta aperto, fa anche il timido: aspetta il mio ok per salire.
Presa per il culo in modo assoluto e totale.
E nonostante tutte queste esternazioni di necessità e virtù, io non so cosa pensa. Non so cosa pensa quando incontra un altro cane e cosa gli fa decidere se abbaiare o meno; non so cosa pensa quando gli parlo, non so cosa pensa quando mi guarda digitare al pc, parlare al telefono, cucinare, ridere davanti alla tele. Non so cosa pensa quando guarda fuori dalla finestra e osserva il più minimo movimento, sia di macchine, persone, foglie, forse anche i rami.
Alla fine mi rispondo che non importa, che è anche giusto che lui abbia i suoi pensieri nascosti, del resto quante cose tengo nascoste anche io a lui?
Non gli dico mai quanto la sua presenza sia forte, sentita, cercata, in occasioni come quella che ho avuto questa settimana.
Non gli dico che averlo con me ogni tanto ripaga quella sana voglia di avere un cane tutto mio ma che non mi posso permettere, in termini di tempo e di qualità-di-tempo soprattutto.
Non gli dico che al mattino presto e la sera tardi con i gradi che si avvicinano allo zero faccio leva sul senso di colpa per spingermi ad uscire, penso che sono una stronza, perchè io non dipendo da nessuno per dover andare in bagno. Allora penso a quando sarò vecchia e forse dipenderò anche io da qualcuno, e allora lì esco, guinzaglio in mano, carica di intenzione post-senso-di-colpa.
Non gli dico che il Bigni non sa di questa settimana dedicata ad un altro cane, potrebbero essere gelosi l'uno dell'altro. Chissà cosa penserebbe il Bigni di tutto questo. Cose di un altro post.
Non so se si capisce. Amo i cani, amo quello che sanno dire senza parlare, amo quando Pablo inclina la testa in diagonale quando gli faccio una domanda, come per dire: "eh?!", amo il loro modo di dare senza chiedere, non ci sono orari per loro, possono fare tutte queste cose a qualsiasi ora del giorno e della notte, vogliono solo condividere il tempo. Stare con te. Fare delle cose insieme. Ogni tanto mangiare. Giocare. Vivere con te.
Amo il loro modo di amare, così vicino a quello che cerco io nelle persone, così lontano da ciò che sono destinata a trovare. Semplicemente perchè da noi non esiste, quell'amore lì; noi siamo deviati dai condizionamenti esterni, dai sentimenti meno buoni, dal fatto che abbiamo sviluppato le nostre vite su qualcosa di effimero, che comunque finirà, o cambierà inesorabilmente.
Quell'amore lì sono capaci di provarlo e dimostrartelo solo loro, e non finisce. Perchè conservano anime superiori, rimaste intatte e intoccate dalle miserie che hanno invaso le nostre vite di umani. Tutti, ognuno a suo modo. Non sono alterati.
Perchè sono gli unici esseri in grado di conoscere e trasformare in cose reali, vere, sguardi adoranti e code sventaglianti, il pieno significato delle parole: senza condizione.
A Pablo, non gli ho detto che l'altra mattina, quando mi sono svegliata per prima e l'ho trovato sotto le coperte e con la testa sul cuscino alla mia destra come un bambino, girato di spalle, l'ho amato tantissimo.
Mentre lo portavo in giro, proprio pochi minuti fa, e precisamente in un prato a giocare con la sua migliore amica, la pallina da tennis, pensavo proprio a questo: non so cosa darei per entrare nella sua testa e sapere cosa pensa.
Perchè Pablo non parla: è un cane. I cani sanno far capire le cose di cui hanno bisogno, di cui hanno o non hanno voglia, ma hanno pensieri impenetrabili, sguardi che nascondono chissà quali percorsi mentali di cui noi resteremo sempre all'oscuro, volenti o nolenti.
Mi sveglia al mattino con carezze di lingua ruvida e calda sulle guance, in uno dei rari momenti di tenerezza che mi riserva durante il giorno, e allora lì capisco che vuole grattatine sparse, e ribaltarsi sul letto grugnendo: eccolo il suo buongiorno, per me.
Quando aspetta la ciotola si piazza lì davanti, seduto sdraiato come se fosse a digiuno da giorni, con aria affranta, per poi dirigersi indolente verso l'oggetto del desiderio come per dire, "ah beh ok , ce l'hai fatta".
Fuori dagli orari del prato con pallina, a volte mi porge con delicatezza una ranetta di gomma ricoperta di saliva, e lì non ci sono storie: cerco di fare finta di non capire, ma conosce la mia debolezza, ha la stessa impertinenza di suo fratello Lore, comincia ad abbaiare finché non gliela tiro, nei miei 30mq di casa che mi ritrovo. Per avere più lunghezza di tiro, lascio anche aperta la porta del bagno, e i metri diventano magicamente 45. Cosa non si fa per fare contento un nipote.
Si fa capire quando vuole andare a letto: sempre a causa della ridotta disponibilità metroquadrica della mia casa, ho un divano letto che si apre, per dormire. Il piccolo lord, dorme sul letto, e dopo un pò la sera si stufa di stare sul divano, e inizia a sbuffare. Si piazza, seduto sulle zampe posteriori, per terra di fronte a me, e inizia a fissarmi. Giuro che non lo sto inventando, succede.
Vuole che io apra il divano e, una volta aperto, fa anche il timido: aspetta il mio ok per salire.
Presa per il culo in modo assoluto e totale.
E nonostante tutte queste esternazioni di necessità e virtù, io non so cosa pensa. Non so cosa pensa quando incontra un altro cane e cosa gli fa decidere se abbaiare o meno; non so cosa pensa quando gli parlo, non so cosa pensa quando mi guarda digitare al pc, parlare al telefono, cucinare, ridere davanti alla tele. Non so cosa pensa quando guarda fuori dalla finestra e osserva il più minimo movimento, sia di macchine, persone, foglie, forse anche i rami.
Alla fine mi rispondo che non importa, che è anche giusto che lui abbia i suoi pensieri nascosti, del resto quante cose tengo nascoste anche io a lui?
Non gli dico mai quanto la sua presenza sia forte, sentita, cercata, in occasioni come quella che ho avuto questa settimana.
Non gli dico che averlo con me ogni tanto ripaga quella sana voglia di avere un cane tutto mio ma che non mi posso permettere, in termini di tempo e di qualità-di-tempo soprattutto.
Non gli dico che al mattino presto e la sera tardi con i gradi che si avvicinano allo zero faccio leva sul senso di colpa per spingermi ad uscire, penso che sono una stronza, perchè io non dipendo da nessuno per dover andare in bagno. Allora penso a quando sarò vecchia e forse dipenderò anche io da qualcuno, e allora lì esco, guinzaglio in mano, carica di intenzione post-senso-di-colpa.
Non gli dico che il Bigni non sa di questa settimana dedicata ad un altro cane, potrebbero essere gelosi l'uno dell'altro. Chissà cosa penserebbe il Bigni di tutto questo. Cose di un altro post.
Non so se si capisce. Amo i cani, amo quello che sanno dire senza parlare, amo quando Pablo inclina la testa in diagonale quando gli faccio una domanda, come per dire: "eh?!", amo il loro modo di dare senza chiedere, non ci sono orari per loro, possono fare tutte queste cose a qualsiasi ora del giorno e della notte, vogliono solo condividere il tempo. Stare con te. Fare delle cose insieme. Ogni tanto mangiare. Giocare. Vivere con te.
Amo il loro modo di amare, così vicino a quello che cerco io nelle persone, così lontano da ciò che sono destinata a trovare. Semplicemente perchè da noi non esiste, quell'amore lì; noi siamo deviati dai condizionamenti esterni, dai sentimenti meno buoni, dal fatto che abbiamo sviluppato le nostre vite su qualcosa di effimero, che comunque finirà, o cambierà inesorabilmente.
Quell'amore lì sono capaci di provarlo e dimostrartelo solo loro, e non finisce. Perchè conservano anime superiori, rimaste intatte e intoccate dalle miserie che hanno invaso le nostre vite di umani. Tutti, ognuno a suo modo. Non sono alterati.
Perchè sono gli unici esseri in grado di conoscere e trasformare in cose reali, vere, sguardi adoranti e code sventaglianti, il pieno significato delle parole: senza condizione.
A Pablo, non gli ho detto che l'altra mattina, quando mi sono svegliata per prima e l'ho trovato sotto le coperte e con la testa sul cuscino alla mia destra come un bambino, girato di spalle, l'ho amato tantissimo.
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